Una donna colombiana geneticamente predisposta a sviluppare una forma precoce della demenza è risultata per lungo tempo protetta dal declino cognitivo: il segreto nel suo DNA.
Un processo che rimuove i mitocondri difettosi dalle cellule cerebrali sembra compromesso nei modelli umani e animali di questa forma di demenza. Ripristinarlo riduce i sintomi e le placche neurotossiche.
Gli accumuli di proteine neurotossiche tipici della malattia non conducono in tutti i pazienti a declino cognitivo. Uno studio sui punti di contatto tra neuroni (sinapsi) ha forse trovato indizi sul perché.
Per poter sperimentare i farmaci in maniera più efficace, gli esperti chiedono di cambiare il modo in cui si diagnostica il morbo d'Alzheimer: non più in base ai sintomi, ma su parametri biologici oggettivi.
Consumato in moderate quantità aiuterebbe il funzionamento del sistema glinfatico, il meccanismo che drena le tossine dalle cellule neurali. Se si esagera, però, è un potente infiammatorio.
I grovigli di proteina tau si diffondono tra un neurone e l'altro come in un'epidemia: le aree cerebrali con più connessioni sono anche le più contaminate. Dalla scoperta nuove prospettive terapeutiche.