Nella nostra società i nonni hanno un compito sempre più impegnativo e devono barcamenarsi tra le esigenze dei genitori. Con un approccio molto diverso.
In media, oggi un tredicenne è già protagonista di 1.300 post messi sui social da mamma e papà. Ma occorre molta cautela, perché i rischi di questo comportamento sono molti.
Per la madre nessun figlio è preferito rispetto agli altri. Eppure il modo con cui si relaziona a loro è diverso e cambia nel tempo, lasciando nei figli conseguenze durevoli. Lo conferma un recente studio.
Le esperienze difficili vissute durante l'infanzia imprimono tracce indelebili non solo nella psiche, ma anche nel liquido seminale: questi segnali chimici possono essere trasmessi ai figli.
Su di una tavoletta assira sono state rinvenute le più antiche attestazioni di questioni come l'infertilità, la maternità surrogata e gli indennizzi in caso di separazione.
Fare figli quando si è troppo giovani non paga: secondo uno studio, l’età più indicata è quella compresa tra i 31 e i 34 anni. Almeno se si considera l'aspetto lavorativo.
Per il successo del concepimento conta anche l'età dell'uomo: se ne parla poco, forse anche a causa di preconcetti e per motivi legati a cultura e tradizioni.
I padri più in là con gli anni hanno maggiori probabilità di generare scienziati e smanettoni in erba: le cause sono equamente divise tra genetica e fattori ambientali.
Anche il linguaggio che i padri usano con i loro bambini è diverso. Uno studio cerca di far luce su come si formano i pregiudizi di genere: siamo fatti così o influenzati dalla società?
Invidiosi, inconcludenti, schiacciati tra il primogenito e il piccolo di casa? Macché: i secondi nati sono pieni di risorse: le comuni convinzioni sul loro conto non hanno basi scientifiche.
I geni che predispongono a investire molti anni nell'istruzione sarebbero in diminuzione, anche se l'effetto di questo calo sul QI è minimo. Il motivo potrebbe avere a che fare con la fertilità.