Negli ultimi due anni chi abita a Milano, a Roma, a Bolzano e in altre città ha potuto sperimentare in prima persona la mobilità del futuro e salire sui primi mezzi pubblici alimentati a idrogeno. Elemento naturale, ampiamente disponibile nell’ambiente e che può essere impiegato per produrre energia rilasciando acqua come prodotto di scarto.
Una tecnologia promettente, che oggi è disponibile anche per i privati: Toyota ha infatti recentemente annunciato la commercializzazione anche in Italia della Mirai (in giapponese significa "futuro"), la prima vettura di serie a marchio Toyota ad utilizzare l’idrogeno come fonte di energia.
Elettrico green. Ma come funziona un motore a idrogeno? In realtà parlare di “auto alimentata a idrogeno” è sbagliato. Il motore della Mirai è infatti un motore elettrico.
La differenza rispetto alle e-car tradizionali è che nella Mirai la corrente elettrica viene generata all’interno di una cella a combustibile dalla reazione chimica tra idrogeno e ossigeno.
L’idrogeno presente nella cella si lega all’ossigeno prelevato dall’ambiente esterno per formare acqua: la reazione produce calore, acqua ed energia elettrica che viene utilizzata per alimentare il motore della vettura.
Un po’ di storia. Non si tratta di una tecnologia nuova: il principio di funzionamento della cella combustibile fu scoperto nel 1839 da Sir William Robert Grove e già nel 1959 Harry Ihrig, ingegnere della Allis-Chalmers, realizzò un trattore da 20 cavalli alimentato da pile a combustibile.
La NASA fece largo uso delle celle a combustibile a partire dagli anni ‘60, per produrre corrente elettrica sulle navicelle Gemini e Apollo e, 15 anni più tardi, sugli Shuttle.
L’idrogeno è quindi un elemento che non ci riserva sorprese e che a livello industriale siamo in grado di trattare in completa sicurezza. E, a differenza della corrente elettrica, è una fonte di energia facilmente conservabile.
Come faccio il pieno? Anche i veicoli a idrogeno come la Mirai hanno quindi bisogno di fare il pieno. A differenza delle auto elettriche plug-in, che richiedono diverse ore per una ricarica completa della batteria, il rifornimento di una Mirai dura dai 3 ai 5 minuti. Ed è super tecnologico.
La pistola che immette l’idrogeno nella cella è dotata di sensori a infrarossi che dialogano con il computer di bordo dell’auto. È compito di quest’ultimo controllare il processo di trasferimento dell’idrogeno verificandone costantemente temperatura e pressione e aprendo e chiudendo opportunamente le valvole del distributore e della vettura.
Una volta fatto il pieno, si può partire: la Mirai offre circa 500 km di autonomia ed è dotata di una batteria dove viene accumulata l’energia prodotta in eccesso e quella recuperata durante le frenate.
Il modo più semplice per ottenere l’idrogeno è per elettrolisi dell’acqua: l’acqua viene attraversata da corrente elettrica che scinde i legami molecolari liberando idrogeno e ossigeno. Il gas viene quindi catturato, raffreddato e mantenuto in pressione allo stato liquido.
E se la corrente necessaria all'elettrolisi è prodotta da fonti rinnovabili, l'idrogeno diventa una fonte 100% sostenibile.
Sicuri che sia sicuro? I veicoli a idrogeno sono super sicuri, nonostante il fatto che ci sia una certa disinformazione in proposito. L’idrogeno, infatti, è atossico e altamente volatile: in caso di rottura di tubi e serbatoi si disperderebbe nell’ambiente senza conseguenze. La Mirai è inoltre dotata di numerosi sensori in grado di rilevare perdite e tutto l’impianto a idrogeno è esterno all’abitacolo della vettura.