Sulle nuove regole di omologazione delle auto diesel, sull'onda del dieselgate, e sulle prospettive dell'industria automobilistica europea ospitiamo un intervento di Corrado Clini, ministro dell'Ambiente del governo Monti (11/2011 - 4/2013), docente di Scienze ambientali presso la Tsinghua University di Pechino.
Il 15 febbraio scorso la Commissione Europea ha chiesto a quattro Paesi, tra cui l'Italia, politiche e misure per ridurre l'inquinamento da ossidi di azoto (NOx), attribuito prevalentemente alle emissioni dalle auto diesel. Il richiamo della Commissione fa seguito al rapporto dell'Agenzia Europea dell'Ambiente (Air quality in Europe. 2016, in inglese), che ha finalmente riconosciuto l'ovvia differenza tra le emissioni reali (su strada) delle auto diesel Euro 5 ed Euro 6 da quelle accertate nei test di laboratorio.
È stato così finalmente chiarito, dopo le vicende del dieselgate negli Stati Uniti, ciò che poteva essere considerato un equivoco nel Regolamento europeo (CE n. 175/2007, per chi volesse approfondire).
L'equivoco. Il regolamento stabiliva giustamente limiti molto stringenti per le emissioni degli ossidi di azoto (NOx) e per i consumi (emissioni di CO2): fuori dai laboratori di test, cioè su strada, il rispetto di entrambi i limiti contemporaneamente è però in pratica impossibile.
Nel 2006-2007, durante il negoziato per la preparazione del regolamento europeo, avevo più volte messo in evidenza la non praticabilità dei limiti proposti, perché puramente teorici: per l'omologazione di nuovi veicoli si chiedevano infatti "test su banco", in laboratorio, ossia in condizioni molto diverse dall'uso su strada.
In quell'occasione, sulle considerazioni tecniche che avanzavo prevalse però la difesa del diesel da parte delle industrie europee, e forse anche un po' di demagogia ambientalista. Il risultato è stato un regolamento che è all'origine della situazione attuale.
Il futuro dell'auto europea. La revisione del regolamento è la pietra tombale su venti anni di predominio del diesel in Europa (oltre il 52% delle auto immatricolate nel 2016) e il riconoscimento di una sconfitta politica e tecnologica. Possiamo tuttavia leggerlo anche come un'occasione, per l'industria europea, a investire di più e presto su tecnologie alternative.
La messa al bando delle auto diesel è oggi la prima misura che viene adottata per ridurre l'inquinamento urbano, dall'India alla Cina, dall'Italia agli Stati Uniti, e il diesel si avvia a diventare marginale nel panorama globale dell'auto.
Ai costi multimiliardari delle sanzioni americane si aggiungono quelli ingenti, ma necessari, per la riconversione dell'industria automobilistica: il dieselgate impone nuovi obiettivi alle grandi case automobilistiche.
Elettrico e ibrido. Volkswagen ha deciso di orientare gli investimenti in Germania verso la produzione di batterie, auto elettriche e ibride plug-in, con la previsione di introdurre nel mercato almeno 30 modelli di auto elettriche entro il 2025.
La Casa tedesca è l'ultimo grande costruttore di automobili a puntare sulle ibride ed elettriche dopo Toyota, General Motors, Nissan, Hyundai e Ford, oltre alle "emergenti", come la cinese Byd (Build Your Dreams) e la nordamericana Tesla.
Altri produttori europei sono già entrati nel "club", come Bmw, Mercedes, Jaguar-Land Rover (del gruppo indiano TATA): lo scorso novembre, quest'ultima ha presentato un piano per produrre in Gran Bretagna batterie e auto elettriche, con la creazione di 10.000 nuovi posti di lavoro.