Meno del 15% della batimetria di fondali marini e lacustri è stata studiata e misurata in modo accurato. Per il resto, la maggior parte delle informazioni sulle caratteristiche dei fondali è ottenuta grazie ai satelliti e ai loro strumenti per le misure gravitazionali. Ecco come funziona questo metodo: in base alla morfologia della Terra, ossia a ciò che c'è sull'area che stanno sorvolando, alcuni satelliti subiscono piccole variazioni di orbita, da cui poi si ricavano le immagini dei fondali (vallate, montagne, pianure...).
Questo metodo ha dei limiti: in genere la risoluzione non supera il chilometro di lato. Vuol dire, ad esempio, che se c'è un vulcano alto 300 metri e largo 500, difficilmente viene identificato.
Ocean Discovery. Per ovviare si è dato il via a una specie di competizione tra il tecnologico e lo scientifico promossa dalla fondazione XPRIZE di Los Angeles, che ha messo in palio 7 milioni di dollari per lo sviluppo (e la prova sul campo) di tecnologie innovative per mappare i fondali oceanici in tempi rapidi.
Al premio hanno partecipato in 19 tra istituti di ricerca e team universitari, e al momento sono rimasti in palio in 9.
Tra ottobre e novembre i 9 finalisti si confronteranno in una serie di test in un'area di 250 chilometri quadrati, raccongliendo dati a una risoluzione attorno ai 5 metri e in una zona dove la profondità minima è di 4.000 metri.
Missione 2030. Jyotika Virmani, di XPRIZE, illustra la scansione dei prossimi eventi: «Assegneremo il premio all'inizio del 2019, così che la tecnologia che risulterà vincente avrà a disposizione un decennio, fino al 2030, per mappare tutti gli oceani con una risoluzione inferiore ai 100 metri».
Le tecnologie finaliste presentano metodi anche molto diversi: dagli sciami di robot acquatici ai veicoli "di superficie" e fino ai droni natanti, tutti dotati di sistemi radar, sonar e laser.