Potrebbe essere un'Internet molto diversa da come la conosciamo quella che uscirà dalla conferenza dell'International Telecomunication Union (Itu) inziata lo scorso 3 dicembre a Dubai e che terminerà alla fine della prossima settimana: una rete dal volto nuovo, in cui lo strapotere degli Stati Uniti potrebbe essere eroso dagli ex nemici Russia e Cina e in cui le grandi net company, Google e Facebook in testa, potrebbero vedersi presentare conti salati dagli operatori telefonici sulle cui linee scorrono ogni giorno fiumi di pagine web e contenuti digitali di ogni tipo.
C'è da preoccuparsi? No, almeno non nell'immediato. Ma andiamo con ordine e vediamo cosa sta succedendo in questi giorni a Dubai.
La conferenza. L'International Telecomunication Union è l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di stabilire gli standard e le regole generali che governano la Rete. Attualmente il controllo di Internet è di fatto in mano agli Stati Uniti, che lo esercitano tramite l' Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), un ente non profit internazionale con sede in California che nel 1988 ha stipulato un contratto con il Dipartimento del Commercio Estero degli Stati Uniti per proseguire tutte le attività relative alla gestione di Internet fino ad allora affidate a diversi organismi pubblici e privati.
Questa situazione infastidisce diversi governi che, guidati da Cina e Russia, auspicano un passaggio di competenze sulla gestione della Rete dall'Icann all'Itu.
E dato che il modello organizzativo dell'Itu ricalca quello delle Nazioni Unite, questi paesi acquisirebbero immediatamente un peso determinante nelle politiche di gestione di Internet.
Ma quante sono le probabilità che un cambiamento così radicale vada effettivamente in porto? Secondo gli analisti molto poche e comunque in tempi lunghi, perchè queste decisioni dovrebbero essere approvate all'unanimità dai 200 membri della conferenza e comunque modificherebbero trattati internazionali che andrebbero poi ratificati dai Parlamenti di ogni paese membro.
Una rete piena di soldi. Una parte non trascurabile delle oltre 450 proposte che verranno discusse in questi giorni avrà come oggetto i grandi interessi economici legati alla Rete e vedrà le grandi aziende del Web, capitanate da Google e Facebook, scontrarsi con gli operatori telefonici e i provider di connettività. Il motivo è semplice: le compagnie telefoniche sostengono di aver investito somme ingenti per realizzare le infrastrutture di rete utilizzate a costo zero dai fornitori di contenuti (editori, social network, motori di ricerca ecc) per veicolare la loro offerta e la loro pubblicità agli utenti finali. Per questo motivo auspicano un passaggio di competenze all'Itu dove, in ambito nazionale il loro peso sarebbe senz'altro maggiore.
Le web company - appoggiate comunque da Stati Uniti e Unione Europea - ovviamente non ci stanno e sostengono che questo cambiamento darebbe ai governi un'eccessiva facoltà di controllo (cioè di censura) su ciò che potrebbe o non potrebbe andare online.
Proprio in occasione della conferenza, Google ha lanciato Take Action, una campagna di sensibilizzazione rivolta agli utenti finali sui rischi di un simile provvedimento.
Chi sostiene l'Itu argomenta invece con motivi legati alla sicurezza nazionale la necessità di un maggior controllo della Rete da parte dei governi locali.
Chi tutela gli utenti? L'argomento principale di questo dibattito resta comunque quello economico che vede gli operatori telefonici schierati contro i fornitori di contenuti ai quali viene chiesto di pagare l'utilizzo delle infrastrutture: ad oggi infatti gli unici a sostenere i costi della Rete sono gli utenti finali.
Ma se gli operatori telefonici riuscissero davvero a far pagare alle web company l'utilizzo delle Rete, a farne le spese sarebbero, come spesso accade, proprio gli utenti, che subirebbero loro malgrado una riduzione nell'offerta di contenuti e vedrebbero la Rete trasformarsi rapidamente in qualcosa di molto simile alla TV commerciale.
Più privacy per tutti. E a Dubai poi si parlerà di privacy, soprattutto del diritto degli utenti di non essere pedinati digitalmente dalle web company. A questo proposito poco tempo fa, l'Unione Europea ha chiesto all'Itu di valutare la no cookies law, una legge fortemente avversata dalle multinazionali della Rete, secondo la quale ogni utente dovrebbe avere il diritto di poter scegliere in modo semplice e chiaro quali informazioni di navigazione lasciar tracciare al sito che sta visitando.