La carenza di farmaci è sempre stato un problema, da condannare sotto ogni punto di vista, che riguardava i Paesi in via di sviluppo, soprattutto l'Africa, dove si può morire per una semplice dissenteria. Ultimamente, però, questa grave mancanza ha colpito gli Stati Uniti d'America, dove sono ben 213 le medicine che scarseggiano e sempre più pazienti perdono la vita.
Nell'era in cui si è assistito ai più grandi cambiamenti nel campo delle tecnologie, il problema dell'insufficienza dei farmaci dovrebbe essere risolto già da tempo, ma non è così. Trascurando la tragica situazione che vivono i Paesi del Terzo Mondo, fa specie che uno degli stati più potenti del mondo viva questo disagio in prima persona. Eppure è così e lo sanno bene persone come Brigham Robust, ragazzo malato di cancro passato a miglior vita dopo aver aspettato per settimane il farmaco di cui necessitava per combattere il linfoma. I medici si trovano costretti a dover razionare le medicine e stabilire una sorta di ordine di priorità: ne è consapevole anche un ragazzo di 15 anni al quale è stato asportato l'intestino ed assistito ogni giorno dalla madre, la quale trova sempre più difficoltà a reperire il gluconato di calcio, conservato per i bimbi nati prematuri, per la flebo del figlio, unica fonte di nutrizione.
Il problema più grosso riguarda i farmaci liquidi da iniettare: in primo luogo vengono prodotti solamente da 6 aziende, inoltre il grande rischio di venir contaminati porta ad abbandonare la produzione. Non solo problemi tecnici, ma anche tristemente economici: i margini di profitto sono scarsi e richiedono molto più tempo per essere prodotti rispetto alle pillole, sottolineando come la priorità venga data al bilancio piuttosto che agli esseri umani. (mf)