I droni sono ormai uno strumento insostituibile per il monitoraggio delle specie animali a rischio di estinzione. Tuttavia, come ogni nuova forma di tecnologia, incontrano talvolta scetticismo: è difficile verificare la loro accuratezza, perché non sempre si può essere certi del numero effettivo di animali selvatici in una determinata area, e il drone non ha la flessibità decisionale di un osservatore umano... o no?
Per mettere alla prova l'affidabilità delle moderne tecnologie anche in questo campo, un gruppo di ricercatori dell'Università di Adelaide (Australia) è ricorso a una vecchia conoscenza degli scienziati esperti di monitoraggio ambientale: le papere di gomma, "amiche della scienza" almeno quanto i moscherini della frutta e l'arabetta comune, classici "modelli" della ricerca genetica.
Il numero delle paperelle si può decidere a priori, e il team ha organizzato una sfida tra scienziati-cittadini e un drone, da una parte, ed esperti di conservazione animale con binocoli e telescopio dall'altra.
La conta delle papere. Migliaia di paperelle sono state disseminate su una spiaggia australiana nella #EpicDuckChallenge. I droni hanno realizzato una serie di foto dello "stormo" dall'alto, che i volontari (non scienziati) hanno poi interpretato, contando il numero totale di esemplari. Le loro stime sono state più accurate di quelle degli esperti veri e propri, che hanno fatto affidamento su binocoli e metodi vecchio stile.
Chi ne azzecca di più. Gli scienziati birdwatcher si sono poi confrontati con un software per pc che ha contato le papere automaticamente a partire dalle foto dei droni: i calcoli sono parsi più accurati di quelli dei ricercatori, precisi quanto quelli dei citizen scientist. In conclusione i droni possono essere meno invadenti dei velivoli tradizionali e più precisi nello scattare foto, ma soprattutto, più affidabili. E in un pianeta in cui sempre più specie si trovano sull'orlo dell'estinzione, non può che essere una buona notizia.