1. Che cos’è l’Internet of Things? Internet of Things - letteralmente “Internet degli oggetti” - è l’espressione utilizzata ormai da qualche anno per definire la rete delle apparecchiature e dei dispositivi, diversi dai computer, connessi a Internet: possono essere sensori per il fitness, automobili, radio, impianti di climatizzazione, ma anche elettrodomestici, lampadine, telecamere, pezzi d’arredamento, container per il trasporto delle merci. Insomma qualunque dispositivo elettronico equipaggiato con un software che gli permetta di scambiare dati con altri oggetti connessi.
2. Che cosa è possibile collegare alla Rete? Di tutto, almeno dal punto di vista teorico. Anche animali (per esempio attraverso segnalatori che ne consentono la localizzazione), piante (attraverso sensori che ne controllano l’illuminazione o il fabbisgono di acqua) e addiritura persone (utilizzando pacemaker o altri dispositivi per il controllo da remoto dei parametri biologici).
Con un po’ di fantasia è possibile collegare in rete praticamente ogni cosa. Per essere connesso un oggetto, una “thing”, deve rispettare due caratteristiche: avere indirizzo IP che ne consente l’identificazione univoca sulla Rete e la capacità di scambiare dati attraverso la rete stessa senza bisogno dell’intervento umano.
3. A che cosa serve? Obiettivo degli oggetti connessi è, in generale, quello di semplificarci la vita automatizzando processi o mettendoci a disposizione informazioni che prima non avevamo. Qualche esempio?
già in prova a Los Angeles e Indianapolis. Se funzionerà, in futuro, posteggiare sarà più facile.
4. Quanti sono gli oggetti connessi? A oggi, secondo Gartner, gli oggetti connessi sono circa 5 miliardi e diventeranno 25 entro il 2020. Altre fonti stimano che i dispositivi connessi nel globo siano ormai tra gli 8 e i 10 miliardi.
5. Quale sarà l’impatto sull’ambiente dell'Internet of Things? Secondo Will Frank, fondatore di Ubiquisys (una delle prime aziende ad entrare nel business dell’IoT oggi di proprietà di Cisco), gli oggetti connessi permetteranno di ottimizzare in tempo reale processi produttivi e attività economiche riducendo in maniera sensibile l’inquinamento e il consumo di risorse.
L’illuminazione pubblica per esempio, se gestita con le nuove tecnologie, potrebbe contenere del 40% i consumi di energia elettrica. Oppure le coltivazioni, che potrebbero essere irrigate in modo molto più efficiente rispetto a quello tradizionale se monitorate da una rete di sensori capaci di comunicare al sistema di erogazione dell'acqua il reale fabbisogno delle piante, determinato in base alla temperatura, alla stagione, all'umidità del suolo e alle previsioni del tempo.
Vivere in un mondo di sensori, misuratori e oggetti di uso quotidiano in grado di raccogliere e scambiare informazioni su come vengono utilizzati, sulle nostre abitudini e sul nostro stato di salute ci espone al rischio di perdere il controllo di ciò che comunichiamo sulla Rete.
Un esempio? Il bracciale per il fitness rileva che ultimamente le nostre performance sportive sono peggiorate. Potremmo essere il bersaglio ideale per la pubblicità di un integatore alimentare.
Peggio, un'ente finanziario senza scrupoli potrebbe decidere di utilizzare dati sanitari raccolti in Rete in maniera più o meno lecita per verificare lo stato di salute di un potenziale cliente e decidere se condergli o meno un mutuo.
O ancora, i termostati Nest, acquistati da Google, sono piccoli gioielli dell'Internet delle cose: conoscono le previsioni del tempo del luogo in cui si trovano, sono dotati si sensori di movimento che contano le persone che passano davanti (quante e quando) e "impara" dalle nostre abitudini.


C'è chi teme che ora che sono entrati a far parte del mondo di Google possano essere utilizzate per raccogliere informazioni sulle nostre abitudini casalinghe: quando siamo in casa, quante volte passiamo davanti al termostato (quindi, come siamo “attivi” in casa…), che abitudini abbiamo nel nostro gestire il caldo e il freddo, se invitiamo gente a casa a mangiare. Informazioni utili per vendere i nostri "profili" ai pubblicitari.
I problemi insomma ci sono. Ciò che manca -invece - è un quadro normativo che stabilisca con chiarezza la titolarità delle informazioni raccolte dalle "things" e trasmesse sulla "Internet" e i diritti e i doveri di tutte le parte coinvolte.
Ci sono poi tutti i rischi legati alla sicurezza dei dispositivi, che se non tutelata adeguatamente potrebbe portare a conseguenze decisamente gravi. Se non ci credete guardate cosa possono fare due hacker a un'auto connessa alla Rete.
7. Quali settori trarranno i maggiori vantaggi nel medio periodo dallo sviluppo dell'Internet of Things? Secondo gli analisti il comparto dell'energia e quello dei trasporti saranno quelli che godranno, fin da subito, dei maggiori benefici.
La possibilità di ottimizzare il consumo di risorse, per esempio segnalando sprechi e guasti, e i flussi di movimentazione di merci e persone, scegliendo i percorsi e i tempi più idonei in base alle condizioni di traffico e al tipo di spostamento, genereranno per gli operatori economici risparmi sensibili e immediatamente misurabili