Nei personal computer che troviamo comunemente sul mercato viene quasi sempre preinstallata una versione di Windows: praticamente non c’è scelta, prendere o lasciare, anche se nel 2009 il Giudice di Pace di Firenze si è pronunciato in via definitiva in merito ad una class action presentata dall’ADUC contro HP ed ha sancito il diritto del consumatore ad un rimborso economico in caso di rinuncia all’uso del sistema operativo imposto. Ovviamente, avere un diritto è una cosa, goderne è un’altra: la stragrande maggioranza degli utenti è ormai abituata ad usare software Microsoft e non vuole cimentarsi con alternative apparentemente meno usabili, come Linux.
Inevitabilmente, Windows è diventato per questo l’OS più venduto al mondo, eppure secondo Google tra i professionisti sarebbero in pochi ad utilizzarlo. Sergey Brin, cofondatore insieme a Larry Page del marchio di Mountain View, ha infatti dichiarato durante un’intervista che circa l’80% dei suoi dipendenti ha già abbandonato Microsoft. L’imprenditore russo non aggiunge altro in merito, ma è facile leggere tra le righe e dedurre che il tanto atteso Chrome OS è sufficientemente maturo da poter essere utilizzato negli uffici. Secondo Brin, l’errore più grande commesso a Redmond è stato quello di oberare l’utente finale di scelte, opzioni e controlli che rendono piuttosto macchinosa ogni interazione; il vero punto di forza del sistema operativo sviluppato da Google sarà, invece, la semplicità, derivante dal forte impiego del cloud computing, che consentirà addirittura di passare da un PC all’altro, ritrovando lo stesso desktop e le stesse applicazioni, con un solo click. Come vi abbiamo annunciato ieri, il lancio dei primi Chromebooks, realizzati da Samsung ed Acer, è ormai imminente ed a Mountain View tutti si augurano che nell’arco di un anno anche il rimanente 20% di tecnoscettici passi alla nuova piattaforma.
In effetti, i pregi dei notebook appena presentati al Google I/O 2011 sono notevoli, a partire dal prezzo e dalle dimensioni, entrambi estremamente contenuti; ma al di fuori degli Stati Uniti rimangono ancora alcune questioni da risolvere, per spianare la strada a dispositivi di questo tipo: il cloud computing si basa soprattutto sull’efficienza della connessione con il server remoto ed in nazioni come la nostra, dove il digital divide ha il suo peso, potrebbe rivelarsi quasi inutilizzabile. Certo è che negli ambienti lavorativi, dove Internet è pressoché ubiquitario, Chrome OS darà del filo da torcere ai vari Windows e Mac OsX. (ga)