di Peppe Croce
La Tufts University di Boston sta realizzando dei sensori in grado di capire quando la frutta è acerba, matura o andata a male. Cos'hanno di strano? Sono realizzati in oro e seta e li puoi persino mangiare!
“I sensori sono sottili, trasparenti e si possono mangiare”
Scienza in cucina - Se ti piace la frutta e la verdura fresca saprai già che, purtroppo, spesso e volentieri dopo averla comprata ci sono brutte sorprese. O è ancora troppo acerba e immatura, o lo è troppo, o è persino andata a male. E se ne compri in abbondanza sei costretto spesso a buttarne un po'. La scienza, però, sta lavorando per risolvere questo problema tramite degli speciali sensori in grado di capire quando la frutta e la verdura sono al giusto grado di maturazione.
Liscio come la seta - La Tufts University di Boston, per esempio, sta concentrando i suoi studi su dei particolari sensori in oro e seta che, una volta applicati sull'ortaggio, sono in grado di capire quando i vegetali sono pronti per essere mangiati e quando è troppo presto o troppo tardi. Uno degli aspetti più interessanti è che, essendo realizzati con materiali organici, i sensori sono anche commestibili.
Mille usi - I possibili usi di questa tecnologia sono virtualmente infiniti. Quando arriveranno sul mercato, all'inizio, forse saranno ancora troppo cari per l'utente medio. Ma saranno molto utili alle autorità sanitarie per scoprire se la frutta e la verdura vengono conservate in maniera corretta nei negozi e nei supermercati. Quando scenderanno di prezzo potranno essere gli stessi commercianti a usarli per dimostrare ai clienti la freschezza della propria merce. E quando arriveranno nelle nostre case ci aiuteranno a mangiare prima i vegetali che stanno per diventare troppo maturi e, di conseguenza, riusciremo a buttarne di meno.
Fantascienza? - Ma siccome questi sensori possono essere persino immersi nei liquidi, potrebbero anche dirci quando il latte o le bibite sono scadute. Ultima, e forse più interessante, applicazione di questi sensori deriva dal fatto che si comportano in maniera molto simile ai cosiddetti sensori RFID, ossia i chip identificativi a radiofrequenza. Cosa vuol dire? Che un giorno potrebbero sostituire le etichette con le date di scadenza dei prodotti alimentari, essere letti da un comune scanner e comunicare a distanza quando bisogna togliere frutta e verdura dagli scaffali dei supermercati. Non male come prospettiva. (sp)