Innovazione

Scienza e tecnologia: le ricerche più importanti. Per noi

Energia dal Sole in quantità illimitata, speciali chip capaci di "spegnere" le cellule malate, meta materiali che rendono invisibili: le ricerche selezionate dal Mit come le più interessanti e...

Scienza e tecnologia:
quale futuro ci aspetta?


Energia dal Sole in quantità illimitata, speciali chip capaci di "spegnere" le cellule malate, meta materiali che rendono invisibili: le ricerche scientifiche più interessanti e promettenti selezionate dal Mit ci introducono a un futuro molto, molto vicino.

L'idea geniale appare all'improvviso? Questa
raccolta di ricerche e quasi-invenzioni sembra smentire:
il colpo di genio fa comodo, ma il "lavoro" e i laboratori
universitari fanno la differenza.


di Eugenio Spagnuolo

Ogni anno il prestigioso Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, Usa, individua e seleziona le ricerche scientifiche e tecnologiche più promettenti e interessanti.
Si tratta di un appuntamento importante per coloro che guardano con curiosità al futuro e al modo in cui potrebbe cambiare il nostro modo di vivere.
Quest'anno gli scienziati del Mit sono partiti dal Web e dal peer-to-peer (P2P), il "famigerato" sistema che permette anche il download selvaggio di film e canzoni. A sentire gli esperti, infatti, pare che Internet abbia i giorni contati perché è a "rischio collasso". Sarebbe una catastrofe... Ma in aiuto della Rete arriva proprio il sistema tanto odiato dalle case discografiche e cinematografiche! Altre ricerche e tecnologie suggeriscono poi l'idea che potremmo (e potremo) vivere molto di più e meglio, grazie a speciali cerotti guaritori e chip impiantati nel cervello. Tutto merito delle nano-tecnologie, ovvero quel ramo delle scienze dove si ragiona in termini microscopici e l'unità di misura non è mai superiore al nanometro, cioè un milionesimo di millimetro.


:: Il P2P è sotto accusa? Se ne pentiranno!
:: Energia solare e nanotecnologie. E luce (elettrica) fu
:: L'interruttore per il cervello
:: Il nano-cerotto giapponese
:: Realtà aumentate e realtà ben nascoste
:: Super fotografie col giochino
:: Col pc in testa e nel cuore
:: Il super dvd annuncia la conquista dello spazio
:: Cellule sotto osservazione

Il P2P è sotto accusa? Se ne pentiranno!

Scaricare file usando il peer-to-peer? Presto sarà legale. Anzi, di più: sarà assolutamente necessario (parola di Mit). Ma per noi sarà un bene o un male?

Una rappresentazione dinamica del Web,
con i "nodi" della Rete (ossia i computer centrali)
e tutte le diramazioni.


Major musicali e cinematografiche lo vedono come il fumo negli occhi, ma presto potrebbero addirittura cambiare parere. Il peer-to-peer (P2P), ossia la tecnologia che permette (anche) di scaricare abusivamente film e canzoni dal Web, è infatti destinata a trasformarsi nella ciambella di salvataggio di una Internet ormai trafficatissima e intasata come una tangenziale all'ora di punta.

Una mappa virtuale del Web.
Per vedere altre mappe impossibili,
clicca qui.
Per evitare la catastrofe
Traffico che, va detto, è soprattutto "legale", generato dall'enorme successo di video community come Youtube e simili, che nel giro di un paio di anni potrebbero arrivare a saturare completamente la Rete, con relativo, inevitabile collasso. Come salvare il Web? Secondo Zhang Hui, docente di informatica e reti alla Carnegie Mellon (Pennsylvania, Usa), bisogna ripartire il peso degli scambi tra tutti i computer collegati in rete, anziché affaticare solo i computer centrali. Cioè riabilitare e cambiare faccia al peer-to-peer.

Detto, fatto. Con tanto di start-up
La ricerca di Zhang Hui, definita dal Mit tra le più promettenti del 2007, ha portato allo sviluppo di un software capace sia di identificare ciò che viene scambiato col sistema del P2P sia di dare ai provider il mezzo per decidere quanto materiale può essere scambiato sulle loro linee e a quale prezzo. Il software pare funzionare bene, al punto che Zhang ha dato vita a una "start-up" (una nuova società in Rete) che lo sta sperimentando. Ma c'è un problema.
Il nuovo sistema ipotizzato dal
dottor Zhang darebbe un grande
potere ai "padroni dei fili", ovvero
gli Internet provider.
Quel che è tuo è... anche mio o solo mio?
I provider sono i fornitori dei servizi internet. Sono "grandi", come Tin o Fastweb, o piccoli, ma tutti hanno una cosa un comune: il filo. Che sia il classico doppino telefonico, la fibra ottica o la frequenza radio di un collegamento "wi-fi" o "wi-max" (anche questo è una specie di filo), sempre di lì devi passare per andare sul Web o per raggiungere il computer dove c'è, per esempio, il video che vuoi prendere. I provider sono insomma i padroni del "mezzo", e se grazie al sistema di Zhang (che su questo punto è ottimista) fossero in qualche modo anche padroni di decidere ciò che può passarci, potremmo per davvero dover dire addio all'Internet libera che conosciamo. La salvezza della Rete sarà la sua fine?

Energia solare e nanotecnologie.
E luce (elettrica) fu


In America si sta sperimentando una tecnologia capace di abbattere i costi, ora proibitivi, delle celle fotovoltaiche, indispensabili per l'utilizzo dell'energia solare.

La struttura dei quantum dots, la nano-materia
candidata a sostituire il silicio nei pannelli fotovoltaici.


Ci sono paesi come l'Italia, baciati dal sole tutto l'anno. Eppure, nonostante se ne parli da decenni, l'energia solare è ancora lontana dall'essere una voce significativa nel bilancio energetico nazionale. Il motivo? Ce ne sono tanti oscuri come la politica... ma anche qualcuno di natura più tecnica ed economica: il costo delle celle fotovoltaiche in silicio, per esempio. Gli scienziati hanno già provato a sostituirlo, con risultati finora piuttosto deludenti. Le cose però potrebbero presto cambiare grazie all'incontro tra energia solare e nanotecnologie, una combinazione in cui il Mit intravede una tecnologia molto promettente e potenzialmente capace di cambiarci la vita.

Arrivano i quanti
Il ricercatore statunitense Arthur Nozik del National Renewable Energy Laboratory di Golden, in Colorado, studia l'ipotesi di sostituire i cristalli di silicio con dei "quantum dots" (minuscoli aggregati di atomi che si sono dimostrati ottimi semiconduttori). Le ricerche vanno avanti dal 1990, ma solo recentemente Nozik è riuscito a dimostrare che mentre una tradizionale cella fotovoltaica, colpita da un raggio di sole, rilascia un solo elettrone, la stessa cella "quantistica", dunque di dimensioni assai minori, è in grado di produrre due o più elettroni.

I nuovi sensori daranno una spinta decisiva
alla diffusione dei pannelli fotovoltaici.
Soluzione all'11 per cento
Per adesso la teoria è stata verificata su un unico "quantum dot", e ci vorrà del tempo prima che una tecnologia con queste caratteristiche entri in commercio, dando una spinta all'utilizzo dell'energia solare. I vantaggi però valgono l'attesa, e vanno dal sensibile abbattimento dei costi delle celle fotovoltaiche (i quantum dots possono essere creati in laboratorio, attraverso una semplice reazione chimica) a un incremento di capacità delle celle stesse. Secondo Nozik i quantum dots avranno infatti oltre l'undici per cento di efficacia in più dei normali cristalli di silicio.

L'interruttore per il cervello

Una proteina e un fascio di luce potranno disattivare un'area del cervello che non risponde più agli stimoli elettrici naturali. Così i medici riusciranno a curare patologie come il morbo di Parkinson e la depressione, e nel contempo chiudere definitivamente un capitolo molto triste della psichiatria.

Finora non era pensabile un intervento mirato nel
cervello, a livello dei singoli neuroni.


Se ne parla poco, anzi per niente, ma ci sono psichiatri di fama che sostengono l'utilità terapeutica dell'elettroshock. E in alcuni casi lo usano. Si tratta, secondo loro, di un estremo rimedio a un estremo male: quello delle patologie del cervello ritenute altrimenti incurabili, come la depressione nelle sue forme più gravi. Ma non tutti la pensano così: a parte l'aggressività del rimedio, l'elettroshock non sempre è risolutivo, e soprattutto comporta effetti collaterali anche gravi, addirittura fino alla perdita di memoria e identità. Risultato: la comunità scientifica è divisa e incapace di analizzare in modo definitivo i dati scientifici finora in loro possesso. Non è detto che lo rimanga in eterno, però.

L'Urlo di Munch, usato anche come
metafora della follia.
Luce e alghe contro l'elettroshock
A mettere fine alla diatriba potrebbe essere una scoperta che viene dai laboratori dell'Università di Stanford, dove Karl Deisseroth sta sperimentando un'alternativa agli elettrodi nella cura delle depressioni. Si tratta di un fascio di luce capace di agire sul cervello come un elettroshock, ma solo sui neuroni interessati da un disturbo e non su un'area indistinta del cervello, come invece accade con gli elettrodi. Questo accadrebbe grazie a una proteina fotosensibile derivata da un particolare tipo di alga verde e che, secondo gli studiosi, potrebbe essere prodotta anche da neuroni opportunamente modificati. Se tutto ciò troverà conferma sarà un po' come avere in testa un interruttore capace di spegnere i neuroni, una volta scoperto che vi si nasconde una patologia. Il che metterebbe fuori gioco non solo l'elettroshock, ma anche i farmaci antidepressivi, di cui sono noti tanto i benefici quanto gli effetti collaterali.
Potremo davvero dire
addio alle "pasticche"?
L'interruttore c'è, ma...
Fantascienza? Niente affatto: Deisseroth, l'anno scorso, ha mandato in giro la sua scoperta per un centinaio di laboratori in tutto il mondo, per sperimentarla su diversi tipi di cavie, dai pesci ai topi. I risultati sono incoraggianti, ma è presto per parlare della sua applicazione sugli esseri umani. Il problema principale rimane come inserire la proteina/interruttore nel nostro cervello: ma l'autore della scoperta dal canto suo è convinto che non si tratti di un ostacolo insormontabile.

Il nano-cerotto giapponese

Fermare le emorragie, anche quelle più gravi, in pochi secondi: da Hong Kong arriva il cerotto dei supereroi.

Agisce come un "meccanico interno", riparando i
tessuti lesionati.


A un passo da Superman: ebbene sì, tra le scoperte scientifiche selezionate dal Mit ce n'è una degna di un superoe. È il nano-cerotto, composto da una sostanza fisiologica a base di nanofibre proteiche e capace di bloccare le emorragie (anche quelle mortali) e accelerare il processo di guarigione delle ferite. La scoperta porta la firma di Rutledge Ellis-Behnke, esperto del Dipartimento di Scienze cognitive del Mit, e Kwok-Fai So, a capo del Dipartimento di Anatomia dell'Università di Hong Kong.

Nanofibre: fanno da
ponte tra le estremità
di una lesione.
Diventa gel in 15 secondi
La sostanza, che si presenta in forma liquida, è costituita da un'alta concentrazione di peptidi, i mattoni che servono a costruire le proteine. Applicata su una ferita, in meno di 15 secondi ferma il sangue e si autoassembla in un gel protettivo di nanofibre che fa da ponte tra le estremità della lesione, rimarginandola e agevolando la rigenerazione dei tessuti. Può essere usata in ambiente umido, è biodegradabile e, quel che più conta, non provoca alcuna reazione immunitaria. Il che rende possibile prevederne il successo in tutti quei contesti dove la salvezza di una vita è legata alla tempestività del primo soccorso, dove spesso buona parte del "lavoro" se ne va per il controllo delle emorragie.

Se è buono per i maiali....
Al Mit prevedono che ci vorranno tre anni prima che la sostanza possa essere sperimentata sull'uomo. Intanto i primi test, effettuati su criceti, ratti e maiali applicando il liquido a cervello, epidermide, fegato, midollo osseo e arterie femorali sono stati sorprendenti: «il nanocerotto», conferma Ellis-Behnke, «ha funzionato sempre».

Realtà aumentate e realtà ben nascoste

Ecco due ricerche che si giocano tutto sul "vedere": la prima lascia intuire dove potranno arrivare i telefonini, la seconda ci racconta una straordinaria storia di invisibilità.

Invisibilità in 3D: le microonde scivolano attorno
allo scudo che si trova sul loro cammino.


Visto con i miei occhi... ecco, togliti dalla testa che un'affermazione così basti (o basterà) a dimostrare che quello che racconti è vero. Forse non ti servirà più neppure a convincerti che ciò che stai vedendo c'è, oppure non c'è.
Anticipato dai risultati di due ricerche, quello che si prepara è un cambio di prospettiva perfettamente in sintonia con il "relativismo" tipico del pensiero contemporaneo. I protagonisti sono il telefonino e la luce: da una parte l'oggetto ormai più comune che c'è, dall'altra il "mezzo" che fa apparire le cose.

Primo, non fidarti
Prendi il tuo videocellulare, puntalo verso qualcosa, premi invio e, tempo un secondo, sul display ti appaiono tutte le informazioni sul luogo in cui ti trovi. Notizie storiche, geografiche e, perché no?, anche l'indirizzo di un ristorante nei dintorni. Poi premi il tasto di gioco e... sullo sfondo di ciò che stai riprendendo appaiono alieni da abbattere, auto da rally in derapata, splendide hostess digitali da mangiarsi con gli occhi. A grandi linee, è così che funziona la super-realtà (augmented reality), che deve il suo nome al fatto di unire immagini reali e virtuali in modo perfetto. È il risultato del lavoro di Markus Kähäri e del Nokia Research Center di Helsinki, che ora stanno testando il sistema. Problemi? No, funziona tutto benissimo. Peccato solo per i costi esorbitanti, ma del resto una tecnologia con queste caratteristiche non può essere gratuita. A meno che le videoriprese, geografiche o di gioco, non siano infarcite di pubblicità... c'è già chi ci sta pensando.

Invisibilità in 2D: ecco che cosa succede a un reticolo
ottico quando viene attivato il campo di invisibilità.
Secondo...
non-fi-dar-ti!

David R. Smith e il suo staff della Duke University (Durham, North Carolina) hanno realizzato l'invisibilità. Grazie a un nuovo "meta-materiale" creato in laboratorio hanno reso un piccolo oggetto bidimensionale assolutamente invisibile alle... microonde!
Per adesso l'obiettivo del dottor Smith è quello di sperimentare il sistema su oggetti tridimensionali della grandezza di un tostapane: circondati da una specie di cintura dell'invisibilità, dovrebbero sparire del tutto alla rilevazione con radar a microonde, pur restando perfettamente visibili. Il resto è ancora fantasia e per fare sparire alla vista un oggetto o una persona potrebbe volerci molto tempo.
Duke e i suoi collaboratori non escludono che prima o poi possa accadere, ma prima di parlarne bisognerebbe sentire che cosa ne pensa l'esercito americano, che a oggi è il principale sponsor di queste ricerche.

Maxi fotografie col giochino

Micro fotocamere capaci di scattare foto grandi quanto poster: è in arrivo una nuova rivoluzione digitale. Ispirata dal Sudoku...

Il nuovo sistema di codifica delle immagini digitali farà
risparmiare memoria e permetterà, con l'aiuto del
computer, di ottenere foto in altissima qualità anche
da fotocamere di media o bassa risoluzione.


Prendi la più piccola fotocamera digitale incorporata nel più sottile telefonino che puoi immaginare... Be', è ancora grande rispetto all'idea di fotografia di Richard Baraniuk e Kevin Kelly, ricercatori e docenti di ingegneria informatica alla prestigiosa Rice University (Houston, Texas). E per quanto minuscola, la loro digicamera è capace di scatti in formato poster.

Si divide il lavoro col pc
Questa meraviglia hi-tech è possibile grazie al "compressive sensing", la neonata tecnologia adatta a super comprimere le immagini digitali impegnando al minimo la memoria e la batteria delle fotocamere. Oggi, quando usiamo la nostra macchina per scattare una foto, questa viene convertita in numeri che sono le informazioni di cui il computer avrà poi bisogno per ricostruire l'immagine sullo schermo. Spesso però le informazioni sono ridondanti e, in più, registrarle richiede molte risorse (memoria e batteria) alla fotocamera. Si può fare che al posto dell'intera sequenza di numeri la macchina ne registri solo una parte, lasciando che al resto pensi il computer? A questa domanda i due scienziati hanno risposto con una parola: Sudoku!

L'idea è quella di uno
schema che il pc completa.
Perde numeri, guadagna qualità
In pratica, è in questo che consiste il compressive sensing: un gioco matematico basato su una griglia con degli spazi vuoti che un computer può "divertirsi" a riempire, facendo il lavoro che oggi fanno le fotocamere. Per la fotografia digitale è una seconda rivoluzione copernicana e, secondo Kelly, la tecnologia, che solo due anni fa era una teoria matematica, potrebbe vedere la sua prima applicazione da qui a un paio di anni. E adesso prova a immaginare un telefonino con super fotocamera ancora più sottile di quello di prima...

Col pc in testa e nel cuore

Le nuove tecnologie di diagnosi che potranno, mentre lo scoprono, curare subito un problema cardiaco e un attacco epilettico.

Risonanza magnetica: la freccia gialla indica l'area del
cervello colpita da epilessia.


Tenere sotto controllo e addirittura prevenire attacchi di cuore ed epilessia grazie al computer: John Guttag, del dipartimento di ingegneria elettronica e informatica del Mit, ci perdonerà per aver semplificato così la rivoluzionaria tecnologia diagnostica a cui sta lavorando. Il concetto, però, è questo.

L'archivio degli esami
Guttag ha pensato di sfruttare la potenza dei computer per confrontare i tracciati di un singolo elettrocardiogramma (Ecg) o elettroencefalogramma (Eeg) con un database di tracciati, ossia un archivio storico di esami clinici, e con esami dello stesso paziente in tempi diversi. Questo confronto permetterebbe di identificare immediatamente eventuali anomalie, con benefici facilmente prevedibili. Ma c'è anche di più.

Il chip fornisce informazioni e
tiene sotto controllo il cervello.
Prevenire e curare sono la stessa parola
Eeg ed Ecg sono tecnologie sostanzialmente simili, usate per la diagnosi di problemi cerebrali o cardiaci. C'è poi un approccio terapeutico recente, basato su un sistema analogo a quello di Eeg e Ecg, che consente di tenere sotto controllo l'epilessia cosiddetta intrattabile, ossia farmacoresistente o quando la terapia chirurgica è impossibile o controindicata. Secondo Guttag le due tecnologie potrebbero unirsi in un sensore programmato per misurare le onde cerebrali e inviare, al momento opportuno, uno stimolo all'impianto collegato al cervello, in grado di fermare un attacco epilettico. E in questo modo trasformare un sistema solo diagnostico in una soluzione terapeutica.

Però bisogna fidarsi
Secondo Guttag, i vantaggi non sarebbero solo per gli epilettici, perché anche l'attività cardiaca è governata da segnali elettrici: la nuova tecnologia garantirebbe perciò anche notevoli progressi in cardiologia. Certo, c'è ancora da fare i conti con l'idea di essere... gestiti da un computer. Ma il ricercatore americano è ottimista perché, commenta, «già affidiamo la nostra vita ai computer, per esempio, ogni volta che saliamo in aereo e persino in treno e in metropolitana. È tutta questione di abitudine».

Il super dvd annuncia la conquista dello spazio

Altro che due ore di registrazione in alta definizione: col nuovo disco dvd saranno mesi e mesi! E grazie alla stessa tecnologia cambieranno persino i nostri strumenti per esplorare l'Universo.

La differenza di risoluzione tra un
lettore ottico tradizionale (sopra) e uno che
sfrutta le nano-tecnologie.


Tra le ricerche sotto i riflettori del Mit ce n'è una che porta anche la firma del fisico italiano Federico Capasso. Trapiantato negli Usa, professore ad Harvard, Capasso ha sulle spalle qualcosa come trecento pubblicazioni e 52 brevetti. Compreso quello di un dvd capace di contenere 3,6 terabyte di dati.

Un piccolo punto di luce
Immagina un unico disco con una capacità di registrazione equivalente a quella di 750 dvd di quelli attualmente in commercio. Ecco svelato il super dvd che potrebbe rivoluzionare i nostri computer e non solo. Per ottenere questo risultato, Federico Capasso e Kenneth Crozier (co-autore della ricerca) hanno pescato tra le magie delle nano-tecnologie, che in questa occasione prendono la forma di antenne ottiche: queste, accoppiate al laser del lettore dvd, permettono di mettere a fuoco (e perciò leggere) un punto grande un ventesimo della lunghezza d'onda della luce.

Oltre i limiti della fisica
La rivoluzionaria tecnologia va contro una legge della fisica, finora inviolata, secondo cui "le lenti usate per dirigere i raggi di luce non possono mettere a fuoco un punto il cui diametro sia minore della metà della lunghezza d'onda della stessa luce". Il fenomeno è noto come limite di diffrazione e, in pratica, spiega perché fino a oggi i produttori non hanno potuto realizzare lettori per cd e dvd più capienti.

Uno sguardo fuori dall'Universo
Un laser con una tale capacità di messa a fuoco avrebbe però anche altre applicazioni e, superato il limite di diffrazione... non c'è limite a ciò che si potrà fare. Nel "piccolo" possiamo immaginare chip ottici super veloci che aprono la strada a una generazione di computer dalle prestazioni adesso impensabili. Dall'altra parte della scala, nell'infinitamente grande, immaginiamo invece telescopi ad altissima risoluzione, incredibilmente potenti, per guardare sempre più lontano nel tempo e nello spazio...

Cellule sotto osservazione

Un laser potrebbe aiutare i medici a realizzare analisi cellulari mirate, permettendo notevoli progressi nella lotta di malattie come il cancro e il diabete.

È una tecnica non invasiva perché, a differenza
delle sonde, la luce laser non ha bisogno di guaine o
contenitori per raggiungere la sua destinazione.


Le cellule che compongono il nostro organismo non sono tutte uguali, e capire a fondo le differenze aiuterebbe (anche) a trovare "trattamenti personalizzati" per malattie come il cancro e il diabete. Per questa ragione la comunità scientifica guarda con molta attenzione il lavoro di un chimico dell'Università di Washington, Norman Dovichi, che sfrutta il principio del "laser selettivo" per analizzare con estrema precisione anche una sola cellula alla volta.

Le cellule reagiscono in modo
differente a seconda del loro
stato di salute.
Cosa fa la differenza?
Si parte col prelievo del tessuto e lo si miscela, in laboratorio, con alcuni speciali reagenti. La reazione chimica produce la fluorescenza della lisina, un aminoacido presente nelle cellule. Un detector laser registra l'intensità del fenomeno, il computer elabora le informazioni e sul monitor appaiono le differenze tra una cellula e l'altra. Differenze nella produzione di proteine, lipidi, ormoni, metaboliti, ma anche di comportamento rispetto alle malattie.

Abbiamo appena aperto uno spiraglio
Il progetto è in fase embrionale: Dovichi non è ancora arrivato a identificare le singole proteine della cellula, ma riesce già a mettere in evidenza le differenze tra una cellula e l'altra e, di conseguenza, i comportamenti anomali. Ed è davvero ottimista: «Tra 10, 20, 30 anni ci guarderemo indietro ricordandoci di questi primi, piccoli passi».

8 maggio 2007
Ora in Edicola
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