A Denver, anche la scienza si interroga su guerra e terrrorismo.
Anche la ricerca scientifica sente il fiato pesante del terrorismo; e si limita. |
È probabile che, dichiarando guerra all'Iraq, Bush stia ripetendo un rituale vecchio quanto l'umanità stessa. Almeno questo è quello che si può desumere da quanto affermato oggi, all'incontro annuale della Società americana per il progresso delle scienze, da un gruppo di ricercatori di alcune università americane. Secondo Lawrence Keely, Stephen Beckerman e James Boster, le società tribali sono molto più propense a fare la guerra di quanto lo siano quelle moderne, e il più delle volte il motivo dominante è il desiderio di vendetta. Se si confronta inoltre il tasso di mortalità delle guerre tribali con quelle moderne, se ne deduce che quelle combattute dalle società primitive sono molto più mortali di quelle attuali.
L'ipotesi presentata dai tre antropologi sovverte in maniera radicale la convinzione diffusa che la guerra sia un fenomeno relativamente giovane nella storia dell'umanità: al contrario, hanno affermato i tre ricercatori statunitensi, il fenomeno risale a migliaia di anni fa. Come nel caso del presidente americano, al quale si accredita il desiderio di voler vendicare il padre, la vendetta nelle società tribali non viene cercata solo per la legge del taglione ma anche per deterrenza e per scoraggiare aggressioni future.
Levata di scudi contro il terrorismo. I direttori di 32 dei più prestigiosi giornali scientifici occidentali hanno deciso di adottare un codice di condotta per la pubblicazione di materiale scientifico. L'obiettivo è quello d'impedire che gruppi terroristici possano impadronirsi di informazioni usate per scopi militari. Notando poi che un paio di ricercatori sono stati costretti a ritirare il loro articolo perché rischiavano di disseminare informazioni riservate, i direttori hanno riconosciuto che bisogna agire rapidamente per impedire un possibile intervento restrittivo dei governi, badando bene però a non cadere nella trappola dell'autocensura e a non sopprimere la libertà di ricerca e lo scambio di informazioni all'interno della comunità scientifica. «Si tratta di stabilire un delicato equilibrio», dichiara Norman Nurheither, esperto di chimica organica e consigliere del Segretario di Stato Statunitense Colin Powell. «Da un lato bisogna impedire di passare segreti militari ai terroristi e dall'altro bisogna riconoscere che il progresso scientifico avviene soprattutto quando c'è un libero scambio di informazioni tra i ricercatori».
Dall'American association for the advancement of science - Denver
(Notizia aggiornata al 17 febbraio 2003)