Dai laboratori della DARPA, l’Agenzia per i progetti avanzati della Difesa americana, non escono solo armi e robot dall’aspetto inquietante, ma anche dispositivi per uso civile destinati a migliorare la vita delle persone.
L’ultimo arrivato è LUKE, un braccio artificiale di ultima generazione che potrebbe cambiare la vita agli amputati. A differenza delle protesi convezionali, LUKE permette infatti a chi la porta di compiere gesti fino ad oggi impossibili, come afferrare oggetti posti sopra la testa, sollevare una borsa della spesa da terra e appoggiarla su un tavolo, spostare un bicchiere pieno d’acqua senza rovesciarne una goccia (nel video qui sopra una dimostrazione del 2014 con un prototipo di LUKE).
Micromotori, grandi risultati. Spalla, gomito e dita della mano sono controllate da 6 micromotori indipendenti che consentono di portare a termine gesti complessi, mentre la presa, che può essere delicata o sicura a seconda delle esigenze, è assicurata da un sensore di forza controllato mediante un dispositivo installato sulla scarpa del portatore.
Ciò consente a LUKE di spostare una valigia ma anche di prendere delicatamente tra le dita un uovo oppure oggetti molti piccoli, come una pastiglia. La protesi può essere controllata con speciali dispositivi di input mioelettrici: si tratta di speciali sensori che intercettano la corrente generata dalle contrazioni delle fasce muscolari rimaste sul moncone dell'arto amputato.
Non solo armi. La protesi è stata sviluppata da DEKA Research & Development Corp, azienda parte della DARPA, con la collaborazione e i finanziamenti dell'U.S. Army Medical Research and Materiel Command, l’ufficio dell’esercito che si occupa di ricerca in campo medico.
La messa a punto di LUKE ha richiesto oltre 10 anni di lavoro e la sperimentazione ha coinvolto oltre 100 volontari per un totale di circa 10.000 ore di test. Sarà commercializzata alla fine di quest’anno ma non è stato ancora reso noto il prezzo.