Le sonde che oggi viaggiano nel Sistema Solare usano propulsori chimici oppure ionici: i primi sono motori a combustione interna alimentati da speciali miscele solide o liquide, i secondi creano la spinta a partire dall'accelerazione di ioni (ossia atomi senza uno o più elettroni). L'autonomia dei primi è limitata dalla capacità dei serbatoi, mentre per i secondi la spinta è molto bassa...
È possibile far viaggiare nello spazio un veicolo senza carburante? Si stanno sperimentando le vele solari, o vele fotoniche, vere e proprie vele che sfruttano la forza dei fotoni (ossia l'energia) che arriva dal Sole. Alcune soluzioni di questo tipo sono già state provate, soprattutto in combinazione con altri sistemi di propulsione, e promettono bene, ma nessuno ha mai investito nello sviluppo di tecnologie per la gestione di vele solari di grandi dimensioni: l'uso sembra dunque limitato (vedi anche: LightSail, la prima vela solare privata).
E-Sail: il motore a repulsione. La Nasa, però, sta sperimentando un nuovo metodo per sfruttare il vento solare, ossia il flusso ininterrotto di particelle cariche (soprattutto protoni) emesso dal Sole a 450-700 chilometri al secondo, e persino 1.000 km/sec quando ci sono tempeste solari: «Intendiamo sfruttare i protoni per spingere una sonda fino ai confini del Sistema Solare, cioè fin dove il Sole esercita la sua influenza, zona oltre la quale la spinta viene a mancare», spiega Bruce Wiegmann, del Marshall's Advanced Concepts Office, responsabile del programma Heliopause Electrostatic Rapid Transit System (HERTS).
La tecnologia è complessa, ma il concetto è di per sé semplice. Immaginatevi una sonda, del tipo di quelle che già mandiamo su Marte, Saturno e via dicendo, da cui si dipartono una ventina di speciali cavi sottili quanto un capello e lunghi una ventina di chilometri, tutti con carica elettrica positiva. Nello spazio, aperto il ventaglio, l'enorme "stella di filamenti" verrebbe respinta dai protoni provenienti dal Sole (che hanno carica positiva). Sarebbe dunque la repulsione delle cariche (positivo su positivo) a fare avanzare il veicolo. Qui sotto, il video (in inglese) della Nasa che illustra i punti chiave del progetto.
La teoria, abbiamo visto, è semplice, la tecnologia un po' meno: i test in corso riguardano infatti i sistemi che possono mantenere la carica positiva lungo i cavi della sottile ragnatela, per non fare mancare la spinta repulsiva.
Sembra però tutto o quasi alla portata delle nostre attuali tecnologie, e le promesse del motore a repulsione sono più che interessanti.
Secondo la Nasa, una navicella spinta in questo modo potrebbe arrivare al confine del Sistema Solare (l'eliopausa, dove il vento solare è fermato dal mezzo interstellare) in 10 anni: la Voyager 1, prima sonda ad aver raggiunto la frontiera, ha impiegato 35 anni.