Spesso la tecnologia suscita discussioni, talvolta anche accese. Pensate, ad esempio, alla visione stereoscopica oppure ai sistemi coercitivi di cui abbiamo parlato recentemente: inevitabilmente, c’è chi è a favore e chi, al contrario, critica o comunque esprime un certo scetticismo verso queste forme d’innovazione. Ci sono altre volte in cui, invece, tutti concordano e sostengono l’importanza del progresso in una determinata direzione: è il caso della retina digitale di cui vi vogliamo parlare oggi, che potrà restituire la vista a migliaia di persone.L’impianto artificiale in questione prende il nome di Argus II, è stato sviluppato da un’azienda statunitense ed è già stato testato con successo su diversi individui. Il sistema è composto da un paio d’occhiali speciali, che raccolgono con una videocamera le immagini che gli si profilano davanti, le trasformano con un microcomputer in impulsi elettrici, che vengono infine trasmessi direttamente alle cellule retiniche sane; a questo punto, interviene il normale circuito che, attraverso il sistema nervoso, porta il segnale visivo al cervello. Come si può capire dalla descrizione, il trattamento è applicabile solo su pazienti che in passato siano stati sani, i cui nervi ottici sono assolutamente integri e le cui retine sono solo parzialmente danneggiate, quindi riguarderà circa 1 non vedente su 3000, perlopiù affetto da retinite pigmentosa. In più, chi si sottoporrà all’impianto dovrà anche ricevere un adeguata preparazione, per riuscire a ricostruire l’immagine finale dagli impulsi luminosi raccolti e trasmessi daArgus II. Un ulteriore limite, tutt’altro che irrilevante, è rappresentato dal costo complessivo dell’intervento, che ammonta a circa 75.000€: entro alcune settimane, la Comunità Europea si pronuncerà sul suo impiego clinico nel vecchio continente e verosimilmente, in caso d’esito positivo, molti sistemi sanitari nazionali decideranno di prendersene carico, anche solo in parte. Inoltre, è in fase di studio una nuova versione di questa retina artificiale, che potrà rimpiazzare completamente quella malata, ma prima di vederla all’opera dovremo aspettare ancora alcuni anni.D’altra parte, il primo impianto cocleare è stato eseguito quasi tre decenni fa e solo in tempi recenti siamo arrivati ad interventi che consentano risultati realmente soddisfacenti su larga scala, quindi, considerato il ritmo sempre più rapido con cui progredisce la scienza, sembra ragionevole in questa circostanza dover pazientare ancora qualche anno prima di un modello per così dire “definitivo”. Perché i risultati alla fine arrivano sempre, quando ci sono gli investimenti giusti.