Dalla collaborazione tra il Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca (UniMiB) e l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (IIT) è nata una nuova vernice luminescente che diventa più brillante in presenza di ossigeno, rilevando, grazie a nanosensori, le variazioni di pressione dell'aria circostante. Lo studio (‘Reversed Oxygen Sensing’ using Colloidal Quantum Wells: towards highly emissive photoresponsive varnishes) è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications e ha importanti applicazioni in particolare nel settore aerospaziale.
Si illumina di immenso. Le vernici luminescenti per sensori di gas o di pressione, note come pressure sensitive paints, sono formate da molecole (i cromofori) che si attivano in presenza di determinate sostanze chimiche gassose. Se opportunamente illuminati, i cromofori brillano con un’intensità che dipende dalla pressione del gas a cui sono soggetti.
Inversione di marcia. Le vernici attualmente in uso si "spengono" quando interagiscono con gas ossidanti: maggiore è la quantità di ossigeno che scorre sopra i cromofori, minore sarà l’emissione luminosa. Il lavoro svolto dai ricercatori di UniMiB e IIT, coordinati da Sergio Brovelli e Francesco Meinardi da una parte e Iwan Moreels dall'altra, segna una svolta a 180 gradi: grazie allo sviluppo di nanomateriali, costituiti a loro volta da nanofogli di semiconduttore, è possibile generare un segnale luminoso la cui intensità è direttamente proporzionale alla presenza di ossigeno. Finora, questa strada era sempre stata impedita dalla mancanza cromofori adeguati.
Galleria del vento. Una delle applicazione più significative delle vernici luminescenti riguarda i test aerodinamici condotti in campo aerospaziale e automobilistico. Per verificare le prestazioni e ottimizzare i consumi di un veicolo (una navetta shuttle, ad esempio) si ricopre di vernice luminescente un modello in scala ridotta e lo si posiziona all’interno di una galleria del vento, dove viene contemporaneamente irraggiato con una lampada ultravioletta ed esposto a flussi d’aria. La luce emessa dalla vernice viene quindi catturata da una fotocamera e rielaborata al computer, permettendo, attraverso l'analisi dell’immagine 3D, di valutare la pressione che il gas esercita in ogni punto della superficie.
Come spiega Segio Brovelli, «certi sistemi richiedono la maggiore precisione possibile, ma la vernice luminescente tradizionale, che si smorza in presenza di pressione, non è in grado di dare informazioni oltre una certa soglia: quando c'è troppo ossigeno, si spegne completamente». Potrebbe sembrare un dettaglio, ma non lo è, dato che nei test aerodinamici «è sempre meglio un sensore che genera un segnale, rispetto uno che smette di segnalare».
È qui che risiede l'aspetto innovativo del nuovo nanosensore: «Ci avverte, accendendosi, che in uno specifico punto del veicolo o dell'autovettura c'è un accumulo di pressione, un flusso non laminare o un flusso turbolento».
Inoltre, aggiunge Brovelli, la nuova vernice risponde a variazioni infinitesime di pressione (anche 0,001 bar) su grandi quantità di aria: «È come avere un termometro che invece di andare solo da zero a cento gradi, scende fino a 100 gradi sotto lo zero. In questo modo possiamo ottenere una dinamica di misurazione molto più sensibile».