L’energia idroelettrica è una delle fonti rinnovabili più convenienti del pianeta ed è facile capire il perché di tanto interesse: la Terra, a discapito del suo nome, è coperta per il 70% della sua superficie da acqua. Va, però, precisato che, nonostante questa massiccia presenza, la forza di questo elemento è sfruttabile solo in determinate condizioni, che tendono a restringerne fortemente l’utilizzo: solitamente, le centrali vengono costruite in presenza di cascate, oppure di bacini idrici con dislivelli notevoli - tra dighe, maree ed altre caratteristiche morfogeologiche - mentre, ad esempio, in mare aperto risulterebbero perfettamente inutili. Il progresso scientifico non finisce mai di stupirci e, così, se Maometto non va alla montagna, è la montagna ad andare da Maometto.
Ci spieghiamo meglio: se la connotazione del territorio non permetterà di costruire la classica centrale idroelettrica, in futuro potremo procacciarci l’energia ovunque si trovi uno specchio d’acqua. Anzi, ad essere pignoli, questa nuova tecnologia non consentirà di ricavarla proprio dappertutto, visto che funzionerà soltanto nei bacini navigabili, ma è comunque un buon inizio. Di cosa si tratta? Elementare, Watson: parliamo di una nave che può “pescare” elettricità dal mare. A colpo d’occhio, non assomiglia molto ad un peschereccio del Mediterraneo, quanto piuttosto ad una petroliera transoceanica, munita di una doppia coppia di galleggianti lungo entrambe le murate; e sono proprio queste boe gigantesche il cuore del sistema, perché, trascinate tra i flutti, riescono a trasferire l’energia dal moto ondoso alle batterie installate nella stiva. Non sono richieste speciali infrastrutture sottomarine, né tantomeno costi di manutenzione straordinari - oltre a quelli di una comune imbarcazione - ed in questo modo si può otttenere quasi un megawatt all’ora, in normali condizioni meteorologiche; facendo un rapido calcolo, in una sola giornata di navigazione si può pescare energia sufficiente ad alimentare un’intera città per un paio di mesi. Ovviamente, i moli dovranno essere adeguatamente attrezzati, in modo tale da consentire il trasferimento di corrente dagli accumulatori all’interno delle navi a quelli presenti nei porti, i quali a loro volta dovranno essere collegati alla rete elettrica urbana.
Questa soluzione sembrerà un tantino fantasiosa, ma farà felici sia gli ambientalisti più incalliti, sia i marinai che - concedeteci il gioco di parole - navigano in cattive acque negli ultimi tempi: insomma, nuovi posti di lavoro ed energia pulita, un’accoppiata vincente per il futuro del nostro pianeta.