Innovazione

La Cina va avanti con la stazione spaziale

Con la sua stazione oribante Tiangong-1.

C’è crisi a destra e recessione a manca, e tutti pensano a leccarsi le ferite: tutti tranne una nazione che sembra infischiarsene bellamente del momento a dir poco critico e, anzi, spende e spande come se fosse l’America dei tempi d’oro. Ci teniamo a precisare subito che non vogliamo criticare questo atteggiamento, ma sottolineare soltanto l’inversione di tendenza a cui abbiamo assistito negli ultimi anni in materia di equilibri sociopolitici.

Come avrete capito tutti quanti, stiamo parlando della Cina, la quale in un batter d’occhio è passata dallo status di paese emergente a quello di prima potenza dell’economia mondiale ed è intenzionata a consolidare la sua posizione anche attraverso imprese storiche, un po’ come facevano ai tempi della Guerra Fredda Stati Uniti e Unione Sovietica. Quale metodo migliore per autoincensarsi se non quello d’investire con forza in un programma spaziale? Per questo, tra qualche giorno nel bel mezzo del deserto del Gobi decollerà il razzo che ospiterà il modulo Tiangong-1, il primo prototipo di stazione orbitante interamente finanziato dal governo di Pechino. Il suo nome può essere tradotto come “Palazzo celeste”, mentre la data di lancio è stata fissata alla vigilia della Festa della Repubblica: insomma, più retorici di così si muore. Scendendo nel dettaglio, il modulo pesa circa 8 tonnellate e servirà come base sia per esperimenti automatizzati a lungo termine, che per quelli più brevi con equipaggio umano, per gettare le fondamenta di altre missioni future. Infatti, il programma spaziale cinese ha già una precisa roadmap da seguire, a partire dal lancio dello Shenzou-VIII, che avverrà entro la fine dell’anno e che porterà il razzo in orbita accanto al Tiangong-1, affinché possa provare l’attracco, per culminare infine nel 2020 con la costruzione d’una vera e propria stazione permanente.

Gli esperti occidentali hanno prontamente sminuito l’importanza dell’evento: la statunitense Joan Johnson-Freese lo ha definito un test banale, d’importanza pari al progetto Gemini portato avanti negli anni Sessanta; mentre l’australiano Morris Jones ha preferito spostare l’attenzione sul futuro tentativo d’attracco tra più moduli, perché secondo lui il resto della missione è di scarso interesse. Ma davvero è pura e semplice propaganda? Oppure le critiche sono state dettate da paura ed invidia? Difficile a dirsi, anche se in tema di stazioni spaziali la concorrenza sembra essere in netto vantaggio sulla Cina, visto che - se tutto andrà come previsto - entro la prossima estate verrà completata l’ISS.

.. sempre che l’Europa stessa sia ancora unita. (sp)

22 settembre 2011 Luca Busani
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