Alla faccia dell'mp3 - che secondo i critici doveva uccidere l'industria discografica - nel 2009 il settore musicale ha fatto registrare il primo aumento negli introiti dal 2003 in poi, almeno in Gran Bretagna. È stato il mercato digitale - in particolare l'acquisto dei singoli - a dare una spinta decisiva all'incremento dell'1,4% nei guadagni che si è avuto lo scorso anno, portando il totale alla bella cifra di 928,8 milioni di sterline. Tra i dischi di maggior successo, quelli di Susan Boyle e dei Beatles, che sono andati benissimo, nonostante le vendite di CD in generale continuino inesorabilmente a calare. Un'altra delle ragioni della ripresa sembrano essere i nuovi servizi offerti online agli appassionati di muisca, come Spotify, che consente di accedere a milioni di brani musicali, anche usando i nuovi dispositivi mobili: non a caso, gli introiti dell'online sono cresciuti nel 2009 del 51,7%.
Ormai il digitale rappresenta un quinto di tutti gli introiti del settore musicale, anche se i rappresentanti delle industrie non pensano sia ancora il momento di abbandonare il supporto CD: lo dimostrano le buone vendite di dischi come quelli di Robbie Williams e Lady Gaga. Altre vendite importanti sono state quelle dei singoli incisi dai finalisti di X Factor, di Joe McElderry e dei Rage Against the Machine. Per quanto riguarda i negozi di maggior successo, risulta che il 17.9% degli album venduti nel Regno Unito sono usciti dai magazzini dei siti web Woolworths e Zavvi, mentre il futuro sembra essere in servizi come Mflow, social network dedicato alla musica dove si possono comprare dischi scontati se si consigliano con successo delle canzoni ai propri amici, convincendoli ad acquistarle.
Insomma, in Inghilterra chi vende musica si sta riadattando bene al terremoto Internet. In Italia, dove il mercato è sicuramente più ristretto, si oscilla ancora dalla chiusura totale nei confronti del download all'atteggiamento di personaggi anche importanti - come il ministro degli Interni Roberto Maroni - che difendono lo scaricamento anche illegale come una libertà. In realtà, il problema esiste anche in Gran Bretagna, come ha ammesso Geoff Taylor, il leader dell'associazione delle industrie discografiche britanniche, che però vede i risultati di quest'anno come un'importante inversione di tendenza, in un momento di crisi economica generale. E se anche nel Belpaese si provasse a "socializzare" la musica sul web?