Innovazione

L'occhio per mini droni copiato dagli insetti

Un occhio composto, come quello degli insetti, per droni in volo in ambienti ristretti e poco illuminati.

I droni formato insetto sono la soluzione ideale per le missioni esplorative e di soccorso nei luoghi in cui esseri umani e cani (e robot "tradizionali") non possono arrivare. È un settore della robotica in continua evoluzione, come dimostra l'ultimo progetto dei ricercatori del Politecnico Federale Svizzero, che hanno ideato un occhio artificiale e un sistema di navigazione per robottini autonomi ispirandosi all'apparato visivo degli insetti.

Microcosmo. Di norma l'occhio composto degli insetti è dotato di un potere di risoluzione delle immagini relativamente basso, che è tuttavia compensato da un'elevata sensibilità alla luce e ai corpi in movimento. Sono queste le caratteristiche che i ricercatori hanno imitato, progettando un dispositivo adatto per piccoli velivoli senza pilota che devono muoversi in spazi ristretti senza scontrarsi con gli ostacoli.

Come funziona. Prendendo mosche e affini come modello, il team guidato da Dario Floreano ha concepito un occhio sintetico grande 2 millimetri cubi e del peso di 2 milligrammi, che si compone di una lente collegata a tre fotosensori disposti in una configurazione triangolare.

Durante il volo i fotorilevatori registrano le radiazioni elettromagnetiche, mentre un software elabora i dati raccolti, permettendo di calcolare la velocità di spostamento, la distanza dagli oggetti o il tempo di collisione con un ostacolo anche in ambienti poco illuminati.

Robot-insetti. I ricercatori hanno programmato il software e sviluppato il design del sensore visivo: il prossimo passo consiste nel realizzare fisicamente il chip e testarlo all'interno di un mini aereo, come il drone ripiegabile realizzato anch'esso al Politecnico Federale di Losanna.

Secondo Floreano, la sfida sarà quella di combinare più occhi artificiali in modo da consentire al drone di «vedere tutto intorno», riuscendo così a decollare, atterrare e gestire l'intero piano di volo.

Lo studio è stato pubblicato su The Royal Society Interface.

12 agosto 2015 Davide Decaroli
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