I robot non sentono dolore. È per questo che possiamo usarli in situazioni in cui l'uomo rischierebbe di farsi male, di provare eccessiva fatica o persino di morire. Con queste premesse, renderli capaci di avvertire stimoli dolorosi parrebbe un controsenso: eppure, due ricercatori tedeschi stanno proprio lavorando in questa direzione.









Via da qui! Johannes Kuehn e Sami Haddadin della Leibniz University di Hannover stanno sviluppando un sistema nervoso artificiale che permetta ai robot di percepire il dolore, sotto forma di stimoli di pressione e temperatura, e di ritrarsi di conseguenza, evitando così potenziali danni a motori ed elettronica.
Doppio vantaggio. Così come l'uomo, avvertendo il dolore, si mette in salvo da situazioni pericolose, anche i robot possano trarre vantaggio da questa capacità, tutelando se stessi ma anche gli umani con i quali, sempre più spesso, lavorano: la mancata percezione di un pericolo da parte di una macchina potrebbe mettere a rischio la vita degli umani che operano al suo fianco.
Evoluzione. Gli scienziati hanno presentato il loro progetto la scorsa settimana, durante la IEEE International Conference on Robotics and Automation a Stoccolma, Svezia. L'idea di robot capaci di reagire di riflesso a situazioni potenzialmente rischiose, come le collisioni con l'uomo, non è nuova. Era già stata sviluppata lo scorso decennio da ricercatori di Stanford e dell'Università La Sapienza di Roma.
Sfumature di dolore. Ma il progetto di Kuehn e Haddadin si basa su sensazioni tattili precise e sul contatto diretto con lo stimolo doloroso. Il prototipo sviluppato dai due sfrutta un sistema nervoso robotico ispirato alla struttura della pelle umana, che trasmette l'informazione dolorosa sotto forma di scariche ripetute a un centro di controllo; questo, a sua volta, reagisce classificando lo stimolo in lieve, moderato o intenso a seconda del danno stimato, e si ritrae di conseguenza.
Qui sotto, vedete un esempio di applicazione del sistema sul sensore terminale di un braccio robotico. Si ha quasi l'impressione che il poveretto "soffra".