Innovazione

Incidente fatale: l'auto a guida autonoma ha "scelto" di ignorare il pedone?

Secondo un primo rapporto, il software del veicolo a guida autonoma che ha investito e ucciso una persona si accorse dell'ostacolo, ma "decise di ignorarlo": era volutamente impostato su una soglia di sensibilità bassa?

Il 18 marzo 2018, a Tempe (in Arizona), una donna in bicicletta è stata investita e uccisa di notte da un'auto a guida autonoma di Uber: sul veicolo, che viaggiava in modalità autonoma, era presente un guidatore - che però pare fosse distratto e perciò non è riuscito a evitare il peggio.

Maglie troppo larghe. Una prima relazione sull'accaduto, concessa in esclusiva al sito di tecnologia The Information, sembra indicare nel software in dotazione al veicolo - una Volvo XC90 - il principale "colpevole" di un incidente sul quale è comunque ancora in corso un'indagine per accertare dinamiche e responsabilità.

Secondo la fonte, il programma avrebbe rilevato la presenza di un umano con bicicletta sulla strada, ma avrebbe deciso che non era necessario reagire immediatamente. Potrebbe essere accaduto a causa dei falsi positivi, ossia ostacoli minori che non costituiscono un reale pericolo, come un pezzo di cartone, e che se considerati renderebbero la guida una continua serpentina. Per evitare questo tipo di inconvenienti il software era forse impostato su una soglia di sensibilità molto bassa - talmente bassa da non reagire a una persona.

Problemi precedenti. In una risposta inviata a The Information e The Verge, Uber non ha voluto commentare l'accaduto. Secondo The Verge alcuni problemi nella sicurezza avevano cominciato a emergere, per i veicoli autonomi di Uber, già prima dell'incidente. Un'inchiesta del New York Times aveva inoltre rivelato che gli operatori umani nelle auto, incaricati di vigilare sul loro corretto funzionamento in questa fase preliminare di test, erano stati ridotti da due a uno per auto (questo spiegherebbe perché era presente solamente una persona sull'auto di Tempe).

A fine marzo la Reuters ha inoltre riportato che i sensori LIDAR sulla flotta di taxi autonomi di Uber erano stati ridotti da sette a uno soltanto, montato sul tetto. Il sensore, che si basa su una tecnica di telerilevamento laser che permette di stabilire la distanza di un oggetto, deve avere una "visuale" a 360°, ma gli esperti avevano già messo in guardia circa i possibili punti ciechi attorno ai veicoli, sottolineando la necessità di tornare a un maggior numero di sensori.

In attesa delle conclusioni dell'inchiesta Uber ha sospeso i test su strada della sua flotta autonoma, che proseguono in ambienti controllati.

9 maggio 2018 Elisabetta Intini
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