L'ultima frontiera in fatto di telecomunicazioni potrebbe arrivare da un'antica tecnica pittorica, in voga migliaia di anni fa. Un pigmento blu acceso utilizzato nei manufatti egiziani 5 mila anni or sono sta fornendo alla scienza spunti per sviluppare nuove tecnologie per l'imaging diagnostico, telecomandi e inchiostri di sicurezza, come si legge in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Journal of the American Chemical Society.
Il blu egiziano, conosciuto come primo pigmento artificiale della storia dell'uomo, è ottenuto dal riscaldamento di silice, malachite, carbonato di calcio e carbonato di sodio. Era conosciuto anche da Greci e Romani e utilizzato per decorare tombe, statue e manufatti da tutte le civiltà mediterranee. Se ne trovano tracce, per esempio, sulla statua della dea Iride al Partenone e sulle decorazioni a tempera rinvenute sulla tomba dello scriba egiziano Nebamon a Tebe.
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I ricercatori dell'American Chemical Society hanno scoperto che il silicato di rame e calcio del pigmento egiziano si può rompere in nanofogli così sottili che ne occorrerebbero migliaia per eguagliare lo spessore di un capello umano. Questi strati generano una radiazione infrarossa invisibile analoga alle caratteristiche del segnale che i dispositivi di controllo remoto, come i telecomandi per la TV o l'apertura dell'auto, usano per comunicare con gli apparecchi che comandano.
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«Il silicato di calcio e rame ci sta indirizzando verso una nuova classe di nanomateriali particolarmente interessanti per le immagini biomediche basate sul vicino infrarosso, per i dispositivi infrarossi che emettono luce (come le piattaforme per le telecomunicazioni) e per gli inchiostri di sicurezza», si legge nel report dei ricercatori. Un esempio di come sia possibile ripensare un antico materiale sfruttandolo per moderne applicazioni.
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