Man mano che cresce la capacità di calcolo dei computer, diventa sempre più chiaro che sono i sistemi biologici come il nostro cervello, le macchine più efficienti nell'arte di apprendere. Mettere a punto materiali in grado di accumulare, organizzare e scartare informazioni - come fa la memoria umana - può aiutare a ottenere computer sempre più potenti, ma soprattutto più flessibili.
Su questa strada, un gruppo di nanoscienziati statunitensi si è ispirato alla capacità di dimenticare del nostro cervello per creare un nuovo materiale non biologico capace di liberarsi delle informazioni inutili e adattarsi agli input via via ricevuti.
adattabile. In uno studio pubblicato su Nature Communications i ricercatori dell'Argonne National Laboratory hanno dimostrato con simulazioni computerizzate e caratterizzazione ai raggi X che il nanomateriale - chiamato perovskite quantistica - mostra l'equivalente elettronico della nostra capacità di "dimenticare".
Il cervello umano ha una capacità vasta, ma non illimitata, e per funzionare bene ha bisogno di disfarsi delle informazioni non più necessarie e desensibilizzarsi di fronte a uno stimolo ricorrente. Immaginate di dover affrontare uno scivolo spaventoso all'acquapark: la prima volta sarete più tesi, ma ripetendo l'esperienza la corsa si farà sempre meno terrificante.
Anche il lattice in perovskite messo a punto dagli scienziati mostra una simile capacità di adattamento. Quando si aggiunge o rimuove un protone al materiale, la sua struttura atomica si espande o contrae vistosamente per assecondare il cambiamento, come in una sorta di "respirazione". Ma se il processo avviene più e più volte, il nuovo materiale si desensibilizza allo stimolo e riduce la risposta: l'aggiunta o sottrazione di un protone, non lo fa più "iperventilare". Alla fine, diventa più difficile far sì che la perovskite si interessi del protone aggiunto o rimosso, spiegano i ricercatori.
Applicazioni. Questa capacità di adattamento ha ricadute sulla capacità del materiale di resistere alla corrente elettrica e quindi sul suo utilizzo di energia. In futuro, simili basi potrebbero essere impiegate per supportare forme sempre più efficienti di intelligenza artificiale, che imitino la capacità di apprendere e di adattarsi del cervello umano.