Una macchina per scrivere poesie. Sembra assurdo, ma qualcuno l'ha inventata. La paternità del curioso strumento informatico va ai giapponesi, lo stesso popolo che nel XVII secolo inventò l'haiku, la forma poetica perfetta, stando ai loro canoni, costituita da tre versi ispirati allo scorrere delle stagioni. Semplici nel linguaggio e nella costruzione sintattica, gli haiku si prestano alla "produzione in serie". Così almeno deve aver pensato Naoko Tosa, la ricercatrice dell'Università di Tokyo che si è inventata un software capace, appunto, di creare haiku partendo da parole chiave. Il funzionamento è semplice: il programma può contare su alcuni database costituiti da migliaia e migliaia di scritti, frasi e parole correlati a suoni del mondo reale. Combinandoli e mettendoli in relazione alle parole chiave inserite, il software produce un componimento che, alla bisogna, può anche essere modificato (per rimediare a un'eventuale carenza di creatività della macchina). Obiettivo della ricerca? Esplorare dall'interno il "funzionamento" della cultura di un popolo (foto: un esempio di poesia haiku). [AP]