Trappola per pedoni o stratagemma salvavita? L'ultimo brevetto proposto per ridurre i danni inferti dalla Google Car in caso di incidenti ripesca una tattica da casa di campagna: la carta moschicida.
Un rivestimento appiccicoso da applicare sul cofano e sfoderare al bisogno catturerebbe il passante investito, evitando che il poveretto rimbalzi sulla vettura, sull'asfalto o su un'altra auto. Preverrebbe, cioè, il cosiddetto "impatto secondario", la parte più mortale degli incidenti che coinvolgono persone.
Al momento giusto. Uno strato friabile simile a un guscio d'uovo coprirebbe l'adesivo in condizioni normali, evitando che la Google Car diventi un ricettacolo di moschini: il biadesivo umano si scoprirebbe soltanto in caso di impatto.
Problema reale. L'idea deve aver fatto sorridere anche quelli di Big G, che si sono affrettati a dire che l'esistenza di un brevetto non significa che verrà realizzato. La proposta semiseria si inserisce comunque in un piano preciso: quello di ridurre al minimo i già pochi (e quasi sempre dovuti all'uomo) danni da incidenti con i veicoli autonomi.
Estendiamola a tutti! Elogi all'idea sono arrivati da molti - divertiti - esponenti del mondo accademico. C'è chi apprezza il fatto che si stia pensando alla sicurezza all'esterno del veicolo, e non solo a quella nell'abitacolo; chi la considera una variante fantasiosa di un airbag esterno, ideale per i veicoli a bassa velocità come le auto robotiche; e chi la vedrebbe bene anche sui veicoli non autonomi.
Niente più pirati. Avere una persona incollata al cofano costringerebbe l'autore della collisione a occuparsene, senza fuggire via. Qualche problema si crerebbe però sulla sicurezza: con un pedone dolorante a ostruire la visuale, sarebbe complicato accostare e liberare la strada. Inoltre, gli arti o i vestiti del poveretto rischierebbero di finire sotto alle ruote.