Benevola, sciocca o pericolosa che sia, l'intelligenza artificiale sta occupando spazi sempre più ampi nella vita dell'uomo. Se vogliamo sopravviverle, evolvendoci con essa, non resta che una strada: diventare cyborg. Lo ha detto Elon Musk lunedì 13 febbraio, a margine del World Government Summit di Dubai: per il "papà" di Tesla e SpaceX, la dipendenza dell'uomo nei confronti delle macchine è destinata ad aumentare con il tempo.
Fusione in corso. La sfera digitale è sempre più compenetrata con quella biologica: basti pensare agli smartphone diventati un'estensione delle mani (e della memoria), al legame sempre più stretto con Siri e altri assistenti virtuali, o a come Google sta cambiando il nostro modo di orientarci e fare domande.
dura a morire. Musk chiama questa dimensione digital tertiary layer (strato digitale terziario): essa non solo sta influendo sul nostro modo di pensare, ma è anche capace di sopravviverci. Alla nostra morte infatti, le tracce digitali che abbiamo lasciato - per esempio sui social media - continueranno ad esistere.
L'unica via possibile. Nel tempo, secondo Musk, assisteremo a una sempre maggiore simbiosi tra intelligenza artificiale e biologica, e solo così risolveremo i problemi del controllo di macchine potenzialmente pericolose e anche dell'utilità dell'uomo in contesti sempre più automatizzati.
Un aiuto nascosto. Già lo scorso anno Elon Musk aveva ipotizzato la possibilità di ricorrere, in futuro, a impianti cerebrali capaci di accelerare l'intelligenza umana, per restare al passo con quella delle macchine. Azzardando, in quell'occasione, un paragone neurologico: «Così come la corteccia cerebrale lavora a stretto contatto con il sistema limbico (quello più primitivo e legato ai comportamenti istintivi, ndr), il nostro terzo strato digitale potrebbe lavorare in simbiosi con noi».