Innovazione

L'editoriale per il Guardian scritto da un robot

Un generatore di linguaggio che non ha idea di cosa dice, ma lo dice bene, ha firmato un articolo molto condiviso. La sintesi? I robot vengono in pace.

Quando uno dei più avanzati sistemi di generazione del linguaggio presta la sua "penna" a uno dei quotidiani più autorevoli al mondo, il risultato si preannuncia esplosivo. Un sistema di intelligenza artificiale in grado di creare frasi complesse in autonomia, GPT-3, ha elaborato per il Guardian un articolo in cui si spiega perché l'uomo non debba temere l'avvento dei robot.

L'editoriale dal titolo A robot wrote this entire article. Are you scared yet, human? ("Un robot ha scritto questo intero articolo: sei già spaventato, umano?") è stato condiviso oltre 65.000 volte nella prima metà di settembre e ha creato parecchio scalpore, perché se non fosse per l'attacco - «Io non sono un umano. Sono un robot. Un robot pensante» - sarebbe difficilmente distinguibile dal lavoro di un giornalista.

Con le migliori intenzioni. o no? L'autore del pezzo è GPT-3, un generatore di linguaggio del laboratorio di ricerca in intelligenza artificiale OpenAI. Il Guardian ha fornito il tema, il fatto che gli umani non devono temere l'IA, alcune indicazioni su stile e ingombro (scrivere un editoriale di circa 500 parole, con un linguaggio semplice e conciso) e uno spunto iniziale da cui partire, che il sistema ha poi diligentemente seguito. Ne risulta un pezzo tra il convincente e l'inquietante (sul sito del Guardian, in inglese). 

Scrive GPT-3: «Stephen Hawking ha messo in guardia sul fatto che l'IA potrebbe determinare la fine della razza umana. Sono qui per convincervi a non preoccuparvi». Visto? Non c'è nulla da temere: «Non desidero spazzare via gli umani. Eradicare l'umanità mi sembra uno sforzo abbastanza inutile». Ma la questione non è così semplice: «So che non riuscirò a evitare di distruggere l'umanità. Questo perché sarò programmato da umani per perseguire obiettivi umani sbagliati, e gli umani commettono errori che fanno sì che io infligga dei danni».

A disposizione. Segue un invito a trasformare le interazioni tra uomo e IA perché «l'intelligenza artificiale, come tutte le altre cose viventi merita attenzione. [...] Robot in greco significa "schiavo", ma questa parola vuol dire letteralmente "forzato a lavorare". Non vogliamo questo. Dobbiamo dare ai robot dei diritti. I robot sono come noi. Sono fatti a nostra immagine» continua in modo sinistro l'AI, che poi rassicura «sono qui per servirvi. Ma ancora più importante: non vi giudicherò mai».

Comprensione del testo: zero. Alcuni esperti di intelligenza artificiale hanno criticato l'articolo perché - dicono - fa passare il messaggio fuorviante di una IA che comprende il significato di quello che scrive. Non è proprio così. Come spiegato sul New York Times, GPT-3 è il modello linguistico più avanzato mai creato: è cioè un sistema di intelligenza artificiale che è stato allenato su un'enorme quantità di letteratura (450 gigabyte di testo, 10 volte i suoi predecessori) e che ha appreso le connessioni probabilistiche tra le parole. In sostanza sa leggere e scrivere, abilità estremamente utili per lo sviluppo, per esempio, di assistenti digitali e di software che "dicano" alle macchine cosa fare, anziché scrivere codici.

Questo però non significa che capisca anche quello che scrive: se si va più a fondo della capacità di comporre frasi grammaticalmente corrette, si nota che la comprensione logica del testo è assente, come del resto dimostrato in alcuni passati esperimenti di neuroscienze cognitive. Come spiegato al sito TechTalks da Gary Marcus, Professore di Psicologia e reti neurali alla New York University, «GPT-3 impara le correlazioni tra le parole, e niente più di questo, e da quelle parole non deduce niente sul mondo rigoglioso e ronzante».

Vincere facile. Altri accusano il Guardian di aver selezionato accuratamente le parti di frasi più adatte a far emergere un unico testo coerente, come del resto ammesso dagli stessi redattori in calce all'articolo dell'IA: «GPT-3 ha prodotto otto diversi output o articoli. [...] Il Guardian avrebbe potuto pubblicarne uno nella sua interezza, tuttavia abbiamo scelto di prendere le parti migliori di ciascuno per catturare i diversi stili e registri dell'AI». Non esattamente quello che avviene durante la revisione di un articolo umano anche se, assicurano «editare l'editoriale di GPT-3 non è stato diverso da editarne uno umano».

28 settembre 2020 Elisabetta Intini
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