Che Sony abbia deciso di usare le maniere forti con i pirati informatici è cosa risaputa e ne hanno fatto le spese hacker di fama mondiale, del calibro di Graf_Chokolo e GeoHot; è, però, altrettanto risaputo che l’unione fa la forza e, così, i membri del collettivo Anonymous hanno iniziato a colpire sistematicamente i siti ufficiali della multinazionale giapponese, per vendicare i presunti soprusi subiti dai loro colleghi. E’ evidente che anche questo punto di vista è alquanto opinabile, ciò nonostante Sony ha dovuto pagare le conseguenze della sua posizione “legalista” e si è scusata via Twitter con i suoi utenti per i disservizi causati, a suo dire, da una non meglio specificata manutenzione straordinaria.
Il gruppo Anonymous ha interpretato questo messaggio come un maldestro tentativo di sviare l’attenzione dal problema e, non soddisfatto dei risultati finora ottenuti, ha deciso di passare dal mondo virtuale a quello reale, attaccando in modo più diretto e concreto: è stata, infatti, organizzata su Facebookper sabato 16 aprile una manifestazione contro i negozi SonyStyle, alla quale hanno già aderito migliaia di persone, a meno che il gigante dell’elettronica non si ricreda e torni sui suoi passi, lasciando cadere tutte le accuse. Si vocifera addirittura di una fantomatica telefonata, tra il goliardico ed il minatorio, fatta da uno dei pirati a casa di Jack Tretton, responsabile della divisione americana di Sony, interrotta dalla moglie di quest’ultimo, irritata dalla grave violazione della loro privacy familiare.
Insomma, la situazione è analoga a quella del giardiniere sprovveduto, che uccide una vespa vicino al nido ed in questo modo attrae l’intero sciame infuriato, a causa del feromone che questa ha rilasciato in punto di morte; ed a Tokyo devono essersene resi conto, seppur tardivamente. Notizia dell’ultima ora, lo scorso 31 marzo Sony avrebbe raggiunto un accordo con GeoHot al fine di evitare il processo. Da quanto è trapelato, il compromesso prevede che l’hacker accetti l’ingiunzione permanente che gli vieterebbe l’uso della console PS3, in cambio del ritiro delle denunce a suo carico.
Adesso resta da vedere se questo basterà a sedare le ire di Anonymous e dei suoi seguaci: certo è che, se la vicenda dovesse concludersi così, si creerebbe un pericoloso precedente per la tutela dei diritti d’autore ed il settore videoludico, dopo la storica sentenza del tribunale francese che nel 2009 sancì la legalità delle cosiddette “schedine” per Nintendo DS, potrebbe subire un altro duro colpo: se, però, nessuno pagherà più per i videogame, rimarrà ben poco con cui giocare, ricordatevelo sempre! (ga)