È uno di quelli che hanno in mano il futuro del cantautorato, il genere che ha regalato alla musica italiana artisti come, tra gli altri, Rino Gaetano, Fabrizio De André, Lucio Battisti, Piero Ciampi. Stiamo parlando di Dente, al secolo Giuseppe Peveri, autore 35enne di Fidenza (Parma), che in questo periodo sta girando l'Italia con un tour di successo, passato di recente anche al Palladium di Roma. L'atmosfera raccolta del teatro capitolino se possibile ha fatto risaltare ancor di più il lato surreale e struggente delle canzoni di Dente, da quelle dell'ultimo album "L'amore non è bello", sorta di concept sulla delusione sentimentale eletto miglior album del decennio da un sondaggio sul sito del Corriere della Sera, ma anche le più vecchie, per quanto tali possano essere quelle di un musicista che ha iniziato a pubblicare nel 2006.
Le canzoni di Peveri sono quasi tutte raccontate in forma di filastrocche, ma non si limitano al puro nonsense, arrivano invece al cuore con testi molto intimi e al tempo stesso "toccano" l'anima e i pensieri, specie dei più giovani, che infatti sono i suoi primi ascoltatori e hanno affollato numerosi il teatro. Un po' alla maniera di Nick Drake ed Elliott Smith, grandi del passato più o meno recente cui è stato paragonato: Dente è trasognato, estremamente ironico, sembra pigro ma con la chitarra acustica e la sua band (contrabbasso, pianoforte, batteria) sprigiona grande energia, da buon emiliano gioca un po' sulla passione per il vino e dialoga col pubblico. In questo sembra un po' un Guccini post-televisivo dell'era di Facebook, con una serie di battute che citano personaggi noti a qualsiasi trentenne che da giovanissimo abbia vissuto in simbiosi con l'apparecchio Tv e poi magari ne ha preso le distanze quando maturo (siamo più di quanti si possa credere).
Ma al di là di tutti i discorsi, Dente è soprattutto un grande autore di canzoni: dolcissime, leggere, piene di frasi ad effetto ma semplici come "che begli occhi che hai, chissà come mi vedi bene", oppure "a me piace lei e lei piace a me, e vorrei che mi vedesse che la pensasse esattamente come me". Canzoni che sono profondamente radicate nella tradizione italiana, come "Baby Building", "La battaglia delle bande","La presunta santità di Irene", "Vieni a vivere" e la meravigliosa "Chiedo", per citarne solo alcune, ma che la filtrano con una lente indie pop che le rende totalmente contemporanee. Come se Battisti fosse padano, avesse 35 anni oggi e si fosse ascoltato bene Beck.
Insomma, se i riferimenti che ho citato vi ispirano minimamente, andate a vederlo quando passa dalle vostre parti. O meglio ancora, compratevi i suoi dischi. Magari dopo aver fatto qualche ascolto di prova dal suo sito. Da buon trentenne contemporaneo ne ha tre o quattro, su ognuno dei quali è possibile ascoltare qualcosa.