Se siete capitati dalle parti di San Sebastian (o Donostia, che dir si voglia), nota località balneare della costa atlantica spagnola, saprete certamente che, non appena si alza il giusto vento, iniziano a sfrecciare per le strade della città strani ciclisti, vestiti della sola muta subacquea e con l'immancabile tavola da surf sotto braccio: sono i cosiddetti "cacciatori di onde" e trascorrono le loro giornate nell'attesa del cavallone giusto. Storicamente, questo sport acquatico è nato nelle isole Hawaii secoli e secoli or sono, ma solo nel dopoguerra è riuscito a sfondare, scatenando una vera e propria mania tra i giovani statunitensi, in California in particolare.
Non c'è da stupirsi, quindi, se l'Università di San Diego ha finanziato un progetto di ricerca e sviluppo della tavola da surf perfetta. Un gruppo di scienziati ne ha infatti costruita una, dotandola di otto sensori montati sulla faccia inferiore a contatto con la superficie marina e di un piccolo calcolatore impermeabile con un trasmettitore wireless integrato. Grazie a questo, la tavola riesce a collegarsi ad un comunissimo netbook, che rimane a riva e raccoglie tutti i dati telemetrici, come nei più moderni "muretti" di F1. Effettivamente, le analogie con il mondo dei motori sono numerose: dal pericolo all'alta velocità, senza dimenticare l'adrenalina a fiumi. Ancora non sono passati ai test nella galleria del vento, ma c'è da scommetterci che a breve, grazie a queste preziosissime informazioni raccolte direttamente sul campo - anzi, sul mare - la super-tavola diventerà realtà!
Davanti a questa entusiasmante notizia, ci interroghiamo solamente sulle differenze sostanziali che separano il sistema accademico italiano da quello americano: qui è già un'impresa raccogliere i fondi necessari per avviare ricerche scientifiche d'importanza vitale, là invece riescono a finanziare progetti al limite della futilità, con rispetto parlando dello sport praticato per generazioni dagli Ali'i, gli antichi sovrani hawaiiani.