Innovazione

Dall’ingegneria (e dagli aerei) un modello per combattere la Covid-19

Una ricercatrice applica la teoria dei sistemi, alla base del controllo degli aerei e non solo, allo studio dell'epidemia di coronavirus. Per aiutare le autorità a combattere la Covid-19 nella Fase 2.

Dopo settimane trascorse a combattere la Covid-19, entriamo finalmente nella Fase 2, quella della "convivenza con il virus". Che cosa succederà? La curva dei contagi riprenderà a salire? E come potremo gestire al meglio la situazione

Rispondere a queste domande non è facile. Ma a fornire alle autorità uno strumento utile a fare previsioni, e quindi anche le scelte giuste, è un gruppo guidato da Giulia Giordano, ricercatrice di Ingegneria industriale all'Università di Trento, che ha appena pubblicato uno studio sulla rivista Nature Medicine

 

Come un aereo. «Abbiamo applicato alla diffusione del nuovo coronavirus le stesse tecniche – Teoria dei sistemi e del controllo - che ci permettono di descrivere il comportamento di sistemi complessi come un aereo, e di guidarne il comportamento (per esempio con i controlli automatici che assistono il pilota)», commenta la ricercatrice. L'abbiamo intervistata per farci spiegare meglio come e quali conseguenze potrebbe avere una fase 2 troppo veloce.

 

Qual è la novità del vostro modello rispetto agli altri che sono stati sviluppati, e che cosa ci può insegnare?

La principale novità è che distingue tra infetti che sono stati diagnosticati e infetti che non sono stati diagnosticati. Questa distinzione è importante, perché ci permette di "catturare" e stimare il sommerso, cioè gli infetti che sono sfuggiti ai test. Stimiamo che siano stati circa il 35%, e questo ci permette di riprodurre bene i dati disponibili. 

Il modello ci permette anche di distinguere tra pazienti con diversa gravità di sintomi, e quindi di prevedere il numero di posti necessari in terapia intensiva. E può essere utile per valutare l'effetto dell'adozione di diverse contromisure per il contenimento del contagio.

 

Alla base dello studio c'è una stima del parametro R0, l'indice di contagio (ricordiamo che quando R0 è minore di 1 vuol dire che l'epidemia si sta riducendo). Qual è stata la sua evoluzione nel tempo? 

Osserviamo un valore R0 di 2,38 nelle prime fasi. Poco dopo, con i primi provvedimenti e la chiusura delle scuole, R0 si abbassa a 1,66. Poi la direttiva che limita i test ai soli pazienti con sintomi fa crescere R0 a 1,80. Il lockdown, inizialmente incompleto e con efficacia ridotta, poi rafforzato, porta prima R0 a 1,60 e poi finalmente a 0,99. Infine, R0 diventa 0,85, grazie a una più vasta campagna di test che consente di identificare più infetti poco sintomatici.

 

Con quale accuratezza il vostro modello permette di fare previsioni per lo sviluppo dell'epidemia da ora in avanti? Come può essere usato al meglio nella gestione della Fase 2? 

Questo è un aspetto chiave. Il modello, finora, si è rivelato accurato nelle sue previsioni; ma il suo scopo non è quello di predire i numeri esatti, quanto di valutare possibili scenari futuri. I risultati che otteniamo suggeriscono con forza che allentare il lockdown troppo presto potrebbe avere esiti drammatici, con 70mila decessi solo nel primo anno e l'epidemia ancora in pieno corso di svolgimento nel 2021, mentre un lockdown draconiano messo in atto dai primi di aprile avrebbe limitato i decessi a 25mila in tutto e arrestato l'epidemia in tempi brevi.

Ma abbiamo altre armi oltre al lockdown a nostra disposizione. Infatti, gli scenari mostrano anche come una campagna di test e tracciamento dei contatti possa fortemente contribuire al contenimento dell'epidemia e consentire di riprendere le attività evitando scenari tragici. Combinando un allentamento del lockdown e una massiccia campagna di test e tracciamento dei contatti, si ottiene uno scenario molto vicino a quello con un lockdown non allentato. Tuttavia, anche alla ripresa delle attività, per evitare nuove ondate sarà importantissimo raccomandare sempre cautela, evitare interazioni non indispensabili e in ambienti non sicuri, fornire e istruire all'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e mettere a disposizione tutto il materiale, le strutture e il supporto per garantire che chi deve uscire di casa possa farlo con la massima sicurezza per sé e per gli altri.

5 maggio 2020 Andrea Parlangeli
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