La domanda di corno di rinoceronte causa ogni anno centinaia di uccisioni e le contromisure messe in atto dai governi africani non sembrano sortire grande effetto. In aiuto delle leggi e delle forze di polizia potrebbe però giungere un alleato inatteso: la biotecnologia. Pembient, startup con base a Seattle, annuncia l'intenzione di realizzare corni sintetici con le stampanti 3D e di immetterli nel mercato già a partire dal mese prossimo. Lo scopo: fornire ciò che la gente vuole senza però dover cacciare animali.
A rischio d'estinzione. Il governo del Sudafrica, dove vive la maggior parte dei rinoceronti in libertà, ha diffuso a inizio anno un report sconfortante. Nel 2014, vi si legge, sono stati uccisi illegalmente 1215 rinoceronti, con un incremento del 21% rispetto all'anno precedente. Di fronte a questi dati Matthew Lewis, esperto del WWF, ha dichiarato che «se l'attività dei bracconieri continuerà a crescere a questi ritmi, potremmo assistere all'estinzione della specie entro i prossimi 10-20 anni».
Chi utilizza il corno di rinoceronte? Gran parte del mercato nero foraggia soprattutto la domanda di Cina e Vietnam, dove viene utilizzato nella medicina tradizionale e come afrodisiaco. In entrambi i casi gli scienziati hanno confutato la sua efficacia, ma questo fatto non sembra capace di invertire la tendenza di una domanda in espansione.
La soluzione di Pembient. «Dovremmo cercare di soddisfare le persone che vogliono curarsi in questo modo, piuttosto che dire loro che hanno bisogni sbagliati.» A parlare è Matthew Markus, CEO di Pembient, che aggiunge: «Abbiamo la tecnologia per dare loro ciò che desiderano». In un'intervista rilasciata a Tech Crunch, Markus ha spiegato che Pembient ha isolato la porzione di codice genetico che contiene le informazioni del particolare tipo di cheratina di cui è composto il corno di rinoceronte. Dunque la sua azienda lo può riprodurre attraverso le stampanti 3D, ottenendo esemplari in tutto e per tutto identici a quelli originali.
Il mercato vince sui contrabbandieri. Una volta ricreato in laboratorio, il corno di rinoceronte sarà messo in vendita a un decimo del prezzo praticato sul mercato nero (circa 6mila dollari al chilo, al posto di 60mila). In questo modo, secondo Markus, il commercio illegale è destinato a crollare grazie alla convenienza economica del prodotto creato in laboratorio, al fatto che non si viola la legge e che si hanno garanzie che la polvere non è tagliata, ad esempio con quella di corno di bufalo. Inoltre, Pembient intende estendere la sua attività in modo da proteggere anche altre specie a rischio d'estinzione come gli elefanti, le tigri e i pangolini (Manis, formichieri squamosi).
I dubbi. Non è tutto oro quel che luccica: New Scientist ha raccolto alcuni pareri contrari all'introduzione del corno sintetico nel mercato asiatico. Nguyen Van Thai, fondatore di Save Vietnam's Wildlife, afferma che sarebbe «una pessima idea» perché fornirebbe un facile cortina fumogena per il mercato illegale. Soprattutto, potrebbe stimolare la domanda e vanificare gli sforzi per comunicare l'inefficacia terapeutica del corno di rinoceronte.
Douglas Hendrie, consulente tecnico della sezione vietnamita di Education for Nature, sottolinea che non si può sottovalutare il fatto che il corno di rinoceronte è considerato uno status symbol e che dunque non può essere sostituito con una copia, per quanto fedele. A riprova delle sue parole cita la ricerca di mercato effettuata da Pembient, secondo la quale solo il 45% dei 500 vietnamiti intervistati si è detto disponibile a utilizzare la versione costruita in laboratorio.
Crawford Allan, senior director di TRAFFIC (un network che monitora il commercio di animali selvatici), ringrazia i ricercatori di Pembient per lo sforzo, ma li incoraggia a confrontarsi con gli esperti regionali al fine di evitare che le buone intenzioni siano seguite da risultati catastrofici: «È difficile prevedere come potrebbe evolvere la situazione ma una cosa è certa: in questo momento i rinoceronti non possono permettersi il rischio, ne sono rimasti troppo pochi. Ogni errore di calcolo potrebbe causare problemi ancora più grandi di quelli che già stiamo affrontando».