Dal 1991 esiste una legge (la 313 del 27 settembre) che, riprendendo una direttiva Ue, impone l’impiego, nella fabbricazione di giocattoli, di materiali che, per le loro caratteristiche chimico-fisiche, siano sicuri cioè non nocivi alla salute e resistenti a ogni tipo di manipolazione.
Il produttore che appone il marchio “Ce” sui giochi dichiara di essersi attenuto a queste norme. Esistono poi degli organismi nazionali che, periodicamente, controllano che l’autocertificazione sia veritiera.
Dal 6 giugno, inoltre, entrerà in vigore un altro decreto che vieta la diffusione di giocattoli in pvc (un tipo di plastica) contenente ftalati: questi acidi, che rendono il pvc morbido, a contatto con la saliva del bambino vengono rilasciati, con la possibilità di danni al sistema endocrino, riproduttivo, epatico e renale.
Secondo l’associazione ambientalista Greenpeace, la questione non è risolta: alcune ditte si limiteranno a usare altri additivi e quindi sarebbe più utile bandire del tutto il pvc. Alcune ditte di giochi lo hanno già sostituito con altri materiali, le aziende che lo producono, invece, lo ritengono innocuo.
Infine, sulla sicurezza dal punto di vista igienico non esistono leggi: sarebbe meglio disinfettare i giochi prima dell’uso (soprattutto quelli per lattanti).