Un sottomarino in immersione può comunicare con la terraferma, ma non con le frequenze delle telecomunicazioni convenzionali, perché queste non riuscirebbero a superare la barriera costituita dall’acqua. Si usano frequenze più basse, a cui corrispondono onde più lunghe, che hanno maggior capacità di penetrazione.
Scia. Queste onde possono essere ricevute trascinando un’antenna costituita da un cavo che galleggia a 5-10 metri di profondità. Ma queste antenne producono una scia che può facilitare la localizzazione del sommergibile; per questo l’esercito Usa iniziò negli anni ’70 a usare frequenze ancora più basse, chiamate Elf (Extremely Low Frequencies: “frequenze estremamente basse”), intorno ai 76 cicli al secondo, che corrispondono a onde lunghe circa 4 mila km, che possono raggiungere un sommergibile a 50 metri di profondità senza bisogno di particolari sistemi per la ricezione dei messaggi.
Maxiantenne. Le Elf, che possono trasmettere 450 parole al minuto, devono essere inviate da antenne molto lunghe, perché un’antenna più corta dell’onda che produce è poco efficiente. Il segnale viene quindi trasmesso simultaneamente da due antenne, formate da due cavi lunghi 45 km disposti a croce e con le estremità collegate al terreno, che funziona da conduttore e ne raddoppia la lunghezza. Oggi si sta studiando un sistema che funziona con un raggio laser, che ha capacità di penetrazione nell’acqua ancora maggiore, “sparato” da un satellite: il messaggio viene codificato in una serie di lampi che il satellite, comandato da terra, invia al sottomarino.
Lampi in verticale. Per ricevere il messaggio il sottomarino deve però trovarsi sotto il satellite, quindi non può restare sempre in contatto con la terraferma ma deve stabilire degli “appuntamenti”.