Innovazione

Che effetto fa l’auto senza conducente? Uno scherzo scientifico

Un team di ricercatori della Virginia Tech realizza una geniale candid camera con finalità scientifiche per scoprire se siamo davvero pronti per le vetture autonome.

Gran parte degli esperimenti condotti fino a oggi sulla guida autonoma si sono concentrati sulle tecnologie per condurre un’auto nel traffico, in sicurezza e senza bisogno dell’intervento umano.


Ma gli altri utenti della strada, automobilisti, pedoni, ciclisti, come potrebbero reagire all’incontro ravvicinato con un auto senza conducente?

Se lo sono chiesti i ricercatori del Ford Virginia Tech Transportation Institute, che per trovare una risposta a questa domanda hanno ideato un esperimento davvero geniale.

L'AUTISTA C’È, MA NON SI VEDE. Armati di forbici e tessuto gli scienziati hanno realizzato un costume che assomiglia in tutto e per tutto al sedile di un’automobile e lo hanno fatto indossare a un guidatore. Gli hanno coperto il volto con una maschera di plastica trasparente nera che ricorda la forma del poggiatesta e lo hanno trasformato così in un pilota invisibile.

È bastata qualche modifica alla strumentazione di bordo, come l’allungamento della leva per accendere le frecce, per consentire al guidatore mascherato di condurre l’auto impugnando solo la parte inferiore del volante. Una pratica non raccomandabile dal punto di vista della sicurezza stradale, ma efficacissima per nascondere le mani del conducente alla vista di passanti e automobilisti.

La vestizione del pilota invisibile. Clicca sulla foto per visualizzare l'animazione.

Gioco di sguardi. E poi, dopo qualche giro di prova, il pilota mascherato ha affrontato le strade della città.

Tra gli obiettivi dei ricercatori vi era quello di analizzare la risposta delle persone alla mancanza di tutti quei segnali impercettibili che gli utenti della strada scambiano tra loro: il contatto visivo, un cenno della testa che significa “passa pure tu”, o un gesto delle mani.

Nel test queste comunicazioni sono state sostituite da una striscia di led luminosi collocata sul parabrezza della vettura e comandata dal guidatore invisibile tramite un apposito interruttore.

Troppo prudente. Nelle oltre 150 ore di test i piloti hanno sempre osservato con estrema attenzione ogni regola del codice della strada: hanno sempre rispettato i limiti di velocità, si sono sempre fermati sulle strisce pedonali o al semaforo giallo, hanno sempre utilizzato le frecce. Come si suppone dovrebbe fare ogni autovettura autonoma ben educata. E ogni guidatore umano ben educato.

In molti casi gli altri automobilisti hanno trovato questo comportamento un po’ frustrante: non sono mancate strombazzate di clacson, insulti e sorpassi azzardati al presunto lumacone. Salvo poi trasformare la rabbia in stupore quando si rendevano conto che a volante non c’era…. nessuno!

Gli manca la parola. Meno sorpresi i pedoni, che dopo una rapida occhiata alla strana vettura nella maggior parte dei casi hanno proseguito senza indagare ulteriormente.

«L’interazione tra guidatori o tra guidatori e pedoni si è sviluppata in oltre 100 anni di storia dell’automobile e oggi si fonda su una miriade di convenzioni non codificate» ha spiegato Barry Brown, esperto di human-computer interaction all’Università di Stoccolma. «In in un simile contesto, la circolazione di veicoli autonomi che non sono in grado di cogliere l’aspetto sociale di queste interazioni può essere complessa».


Brown porta come esempio l’autopilot di Tesla, che pur operando in totale sicurezza grazie all'affidabilità del computer alla guida dell’auto, a volte compie manovre che all'occhio umano possono essere azzardate. Per esempio un cambio di corsia troppo repentino rispetto all’auto che sopraggiunge da dietro o una frenata al limite.

Insomma, l’auto senza conducente, se vorrà sopravvivere nella giungla del traffico urbano, dovrà imparare non solo il codice della strada, ma anche quell’insieme di leggi non scritte che regolano la circolazione nelle nostre città.

26 settembre 2017 Rebecca Mantovani
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