Gli orari di chiusura delle banche, si sa, possono causare spiacevoli imprevisti. Nel 1965, John Shepherd-Barron, un ingegnere scozzese che lavorava presso la tipografia "De La Rue" (specializzata nella stampa di francobolli e banconote), giunse "un minuto troppo tardi" allo sportello della sua filiale, trovandolo già chiuso.
Non essendo riuscito a ritirare il denaro contante dovette rinunciare allo shopping previsto per il weekend. Non poteva però immaginare che quella serie di eventi personali avrebbe cambiato per sempre il mondo bancario e le nostre abitudini quotidiane.
Un'idea di successo. Shepherd-Barron, deluso dall'inconveniente, s'incamminò per le strade di Londra e cercò di consolarsi con una barretta di cioccolato acquistata, con i pochi spiccioli rimasti in tasca, da un distributore automatico...
Com'era possibile, pensò, che si potesse acquistare pressoché di tutto da quei distributori, ma non fosse possibile prelevare del denaro? Il lunedì seguente si recò presso la banca e si fermò a esporre la sua idea al direttore. Il colloquio si concluse con la commissione di un prototipo di distributore automatico di contante (Automated Teller Machine, ATM).
Due anni più tardi, il 27 giugno 1967, presso la filiale di Enfield della Barclays Bank di Londra venne attivato il primo bancomat della storia. Due giorni dopo, ne venne attivato uno a Uppsala, in Svezia (il nome "Bankomat", usato in Svezia, fu quello che più si diffuse nei Paesi europei). E un paio di settimane dopo, ne fu inaugurato un altro a Londra, presso la Westminster Bank. In breve tempo, un'idea nata per caso rivoluzionò le banche e la vita dei loro clienti.
Il precedente. Quello non fu il primo apparecchio per l'automazione di alcune operazioni di banca. Qualche anno prima, nel 1960, Luther George Simjian aveva installato, in una banca newyorkese, il Bankograph: una macchina per depositare denaro contante e assegni che, come ricevuta, rilasciava le fotografie del versato.
Nello stesso periodo anche altre banche, in Svezia e in Giappone, stavano sviluppando idee analoghe. All'inizio non mancarono le difficoltà, tra "problemi tecnici" e sistemi di sicurezza in fase embrionale. Nonostante le difficoltà, a spingere fortemente sull'investimento verso l'automazione furono soprattutto le richieste sindacali per il reparto bancario, che chiedevano la chiusura delle filiali nella giornata del sabato. Questo spinse le banche a investire in un'innovazione che prometteva di abbattere i costi del personale e soddisfare le nuove esigenze della clientela.
La carta magnetica. Due anni dopo il primo, vero bancomat, nel 1969, arrivarono anche le carte magnetiche, simili a quelle che utilizziamo ancora oggi.
II bancomat progettato da Shepherd-Barron era assai differente da quelli che conosciamo: per prelevare occorreva utilizzare un speciale assegno e un codice PIN stabilito dal cliente.
Inizialmente, il PIN ideato da Shepherd-Barron era composto da sei cifre, come il numero di matricola delle armi. Fu sua moglie a fargli notare la difficoltà nel memorizzare un numero così lungo, consigliandogli di limitarsi a quattro cifre. Fu merito suo se oggi in molti Paesi si usano PIN a quattro cifre (in Italia sono cinque).