Mentre lo scorso 1° aprile Google pubblicava Google Olezzo, il primo sistema per la diffusione degli odori online nonchè l’ultimo dei pesci d’aprile realizzati da Big G, un serissimo team di ricercatori giapponesi presentava al mondo Smell – O – Vision, uno speciale monitor in grado di diffondere nell’ambiente profumi (o puzze) corrispondenti all’oggetto mostrato.
[I pesci d’aprile più clamorosi della storia]
Ad ognuno il suo tanfo
L’idea dei ricercatori della Tokyo University of Agriculture and Technology è quella di rendere la pubblicità più coinvolgente ma anche di arricchire con un terzo senso film e programmi TV.
L’idea di abbinare odori e immagini non è del tutto nuova: il primo tentativo risale al 1960, quando in 3 teatri appositamente attrezzati di New York, Los Angeles e Chicago venne proiettato il film “Scent of Mistery”. Una speciale apparecchiatura diffondeva nell’aria della sala, in particolari momenti del lungometraggio, essenze e odori che avrebbero dovuto sottolineare cosa accadeva a schermo.
In realtà il dispositivo funzionava male: non era ben sincronizzato con le immagini ed era molto rumoroso e per questi motivi non aveva incontrato il favore del pubblico.
Dimmi dove annusi...
Il sistema sviluppato dai ricercatori nipponici diffonde l’odore dai quattro angoli dello schermo facendo passare un flusso di aria sopra una tavoletta di gel profumato. Modificando direzione e intensità del flusso di aria, grazie a ventole controllate da un processore, è possibile far sì che l’utente posto davanti al monitor percerpisca l’odore come proveniente da una ben delimitata regione dello schermo.
“Lo spettatore può liberamente muovere la testa e il naso sullo schermo e sentire il profumo di un fiore o di un alimento ben localizzati nello spazio” spiegano gli scienziati.
Al momento il dispositivo può produrre un solo odore alla volta, ma l’obiettivo dei ricercatori è quello di mettere a punto un insieme di fragranze base che, opportunamente mescolate tra loro, possano dar vita a una molteplicità di odori. Un po’ come avviene nelle comuni stampanti che producono tutte le tinte a partire dai colori primari.
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