Un team internazionale di scienziati dello Scripps Research Institute (California) e del Technion Insitute (Israele) ha recentemente realizzato il primo computer biologico, un dispositivo biochimico in grado di immagazzinare dati criptati all'interno di filamenti di DNA.
Siamo tutti un po' computer
«Qualsiasi organismo vivente è un computer» spiega il Professor Ehud Keinan, responsabile dello studio. «Hardware, software, input e output, cioè i quattro elementi di cui sono fatti gli elaboratori elettronici, sono presenti anche negli esseri viventi: ogni molecola del nostro corpo, l'hardware, parla infatti alle altre secondo precise istruzioni, il software, per raggiungere uno specifico risultato, l'output »
Il biocomputer di Keinan non è certo un capolavoro del design, visto che sta tutto dentro una provetta: è un miscuglio di composti chimici, frammenti di DNA e ATP, il combustibile dal quale le cellule ricavano l'energia necessaria ai processi metabolici.
All'interno della provetta si innesca una complessa catena di reazioni chimiche che agisce sulle molecole di DNA modificandole in modo predefinito. Variando i diversi reagenti gli scienziati possono così modificare a piacimento le sequenze di DNA e utilizzarle come microscopici dischi sui quali scrivere informazioni.
Un modello di 100 anni fa
Nella realizzazione di questo modello i ricercatori si sono ispirati ai progetti di Alan Turing (1912 - 1954), matematico inglese padre della criptoanalisi, del concetto di algoritmo e della moderna scienza informatica.
Turing aveva messo a punto un modello di macchina grazie alla quale era possibile effettuare qualsiasi tipo di calcolo, indipendentemente dalla lunghezza degli elementi e dalla complessità delle operazioni.
Questo supercomputer utilizzava come input un lungo nastro sul quale erano riporatati lettere e simboli. Una testina si muoveva da un simbolo all'altro compiendo ogni volta quattro passaggi: lettura del simbolo, sostituzione del simbolo con un altro, cambiamento del proprio stato, spostamento alla lettera seguente.
Una tabella di istruzioni, cioè il software, regolava lo svolgersi di queste operazioni.
Più veloce della luce
Il biocomputer di Keinan, in valore assoluto, è più lento di un computer elettronico tradizionale, ma il fatto di poter far lavorare milioni, o miliardi, di processi contemporaneamente lo rende spaventosamente veloce. Non solo: il biocomputer non ha bisogno di interfacce. Input e output possono essere gestiti grazie a processi chimici predefiniti.
E visto l'interesse suscitato presso le più importanti aziende dell'informatica, il computer biologico potrebbe presto non essere più solo un'interessante teoria.