Innovazione

Apple iOS fa ‘crash’ più spesso di Android

Le app Apple vanno in crash più spesso di quelle Google.

Le appplicazioni iOS, secondo una recente statistica, vanno in crash più spesso di quelle Android. La differenza tra i due sistemi operativi è davvero notevole - il numero dei malfunzionamenti è di ben quattro volte superiore - ma come si spiega tutto questo?

“Non tutti aggiornano prontamente il sistema operativo iOS e Android”

I peggiori? I sistemi “giovani” - Lo studio, pubblicato da Crittercism, fa riferimento ai dati raccolti da oltre 214 milioni di avvii di applicazioni nella prima metà del mese di dicembre. Stando alle cifre, il sistema operativo che più di tutti va in crisi è iOS 5.0.1 - ultimo nato in casa Apple - che da solo genera circa un quarto dei crash totali. Sembra funzionare decisamente meglio, invece, Android 4.0 Ice Cream Sandwich, anche se il dato non è rappresentativo, perché in quel periodo il sistema operativo di Google era stato appena rilasciato e era in uso solo su un paio di dispositivi che lo montavano.

Tante versioni, tanti crash - Visto che stiamo disquisendo delle diverse piattaforme, la statistica ha messo in luce che vengono ancora utilizzate versioni e sottoversioni - sia di iOS che di Android - alquanto datate: sono state contate, in totale, 23 release Apple, contro le 33 di Google. Vi state chiedendo perché così tante persone non aggiornano i propri smartphone? Semplice, perché per quanto riguarda iOS chi esegue il jailbreak difficilmente vuole tornare sui suoi passi e ripetere l’intera procedura più e più volte, mentre, per quanto riguarda Android, non tutti produttori sono puntuali e rilasciano i loro aggiornamenti per tutti i modelli.

I problemi degli sviluppatori - Questa frammentazione delle piattaforme è una delle cause che rendono così difficile il lavoro dei programmatori, che devono confrontarsi con hardware estremamente eterogenei per processori, memorie, fotocamere e ricevitori - sia Wi-Fi che GPS - e, come se non bastasse, si ritrovano a dover sviluppare le applicazioni in modo tale che siano compatibili con le localizzazioni linguistiche più disparate. Alcuni sistemi proprietari, inoltre, come iAd di Apple per inserire la pubblicità all’interno delle applicazioni, complicano tutto e rallentano l’intero processo.

L’aupdate non è automatico - Finita la fase di sviluppo, si pongono nuovi problemi: innanzitutto, i cosiddetti aggiornamenti non vengono rilasciati istantaneamente - in particolare nel mondo Apple - perché devono seguire un iter obbligatorio, che può richiedere fino a una settimana di tempo;. E comunque, una volta distribuiti in rete, non è detto che vengano prontamente scaricati da tutti gli utenti.

Sotto questo punto di vista, è molto più efficiente Android, che consente l’aggiornamento automatico tramite market, al contrario di iOS, che necessita sempre di un intervento “umano”.

Crittercism di parte? - Non sono mancate neppure le critiche contro la statistica di Crittercism perché fa riferimento a un campione che comprende un numero triplo di dispositivi “made in Cupertino” rispetto a quelli con Android. A scanso d’equivoci, precisiamo subito che medie e percentuali riportate nello studio sono ponderate, pertanto pienamente attendibili.

Le app di successo? Le migliori! - Ci sono ancora un paio di curiosità che emergono dai grafici. La prima riguarda le applicazioni di maggior successo, che risultano essere le più affidabili, tant’è che le prime nelle classifiche di iTunes hanno un numero di criticità confrontabili con la media di Android, a riprova della loro qualità. La seconda, invece, riguarda la frammentazione interna di iOS, o meglio dei dispositivi che lo utilizzano: tre crash su quattro insorgono negli iPhone, mentre i rimanenti casi si dividono equamente tra iPad e iPod Touch. Verosimilmente, la differenza si spiega con il fatto che l’iPhone, avendo una maggior diffusione, finisce anche nelle mani di utenti non proprio preparati, che possono causare qualche problema in più.

Possibili soluzioni - Siamo di fronte a una serie di dati che, forse, è esagerato definire allarmanti, ma che devono comunque far riflettere: forse è il caso di contenere questa “diaspora” di sistemi operativi e, magari, di semplificare il percorso che gli sviluppatori devono seguire per poter pubblicare gli aggiornamenti. Rimaniamo comunque sintonizzati, perché Crittercism non ha intenzione di fermarsi qua e ha già stretto accordi per ampliare il numero di applicazioni da monitorare. Chissà che nel prossimo bollettino la tendenza non si inverta. (sp)

Luca Busani

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6 febbraio 2012
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