Se il problema delle emissioni prodotte dalle automobili ha già sortito qualche parziali soluzione - come modelli più ecologici o a propulsione elettrica - l'inquinamento da Co2 liberato nei cieli dagli aerei è ancora in alto mare. Così l'Unione Europea ha deciso di imporre una "carbon tax" su tutti i velivoli che partono o che atterrano negli aeroporti del vecchio continente. Le compagnie aeree, però, non ci stanno.
Dal primo gennaio del prossimo anno, quindi, tutti gli aerei che effettueranno operazioni di imbarco o di sbarco negli scali europei dovranno pagare un’Emissions Trading Scheme (ETS). Le compagnie aeree si ribellano e vedono questa operazione come un tentativo di Bruxelles di imporre il proprio modo di pensare al mondo, come ai tempi del colonialismo.
Per l'UE, invece, si tratta di una politica esclusivamente tesa a salvaguardare l’ambiente, e chi non si adeguerà sarà costretto a pagare multe o, in casi eccezionali, a sospendere i propri voli. Questa tassa non è altro che il risultato di anni di dibattiti con l'industria del trasporto aereo che ogni volta presentava obiezioni puntualmente ascoltate. Insomma, 15 anni di trattative con l’International Civil Aviation Organization (ICAO) non sono bastati per studiare soluzioni alternative atte a ridurre le emissioni di carbonio, e questo “balzello” ne è la conseguenza.
Secondo il Presidente della Thai Airways, compagnia thailandese, il nodo del contendere invece è un altro: "È giusto far partire la tassa dall'aeroporto di Bangkok? Bangkok non fa parte dell'UE. Questo è il problema.". Secondo lui, e non solo lui, questa operazione penalizzerebbe i viaggi lunghi, ovvero le compagnie asiatiche.
Lunedì Bruxelles ha annunciato però anche che l'83% degli ETS verranno concessi gratuitamente dal 2013 al 2020, per una mancata entrata totale di 20 miliardi di euro. Uno "sconto", suggeriscono le autorità europee, che potrebbe essere utilizzato dalle compagnie per modernizzare le flotte, migliorando l'efficienza dei carburanti o acquistando biocarburanti. (sp)