La musica può essere una grande amica dell'ambiente, come abbiamo detto più volte in particolare parlando di festival ecosostenibili, ma in qualche caso, quando c'è poco rispetto e norme non chiare, può creare grossi problemi. È quello che accade, specie nel periodo estivo, a Roma e dintorni, sopratutto a Ostia, dove le discoteche che nella stagione calda animano le notti di turisti e romani, spesso superano ampiamente i ragionevoli limiti di decibel, senza che nessuno possa intervenire. In particolare, in alcune zone del litorale capitolino, la Polizia municipale è arrivata a misurare livelli di frastuono tra gli 80 e i 100 decibel, ben lontani da quei 50 che sarebbero il limite massimo per consentire il riposo a chi abita nei dintorni.
Ovviamente, i risultati delle cosiddette "ispezioni fonometriche" non condannano tutti i locali, e proprio per questo sarebbe importante colpire chi viola le norme, senza impedire in maniera indiscriminata la "movida" a chi vuole legittimamente ballare e tirar tardi. Il problema è che, per poter intervenire, secondo la legge la polizia deve avere in mano dati sulle violazioni che siano elaborati dall'Arpa Lazio (Agenzia regionale per la protezione ambientale), la quale però ha grossi problemi di personale e budget, un po' come tutte le istituzioni che nel nostro Paese si occupano di ricerca e controllo dell'ambiente. Quindi, sul lungomare di Ostia (e non solo), l'inquinamento acustico regna, senza che nessuno possa intervenire, e la musica, invece di essere la migliore alleata dei cittadini per il divertimento estivo, rischia di diventare la nemica di molti di loro, regalando consensi a un "proibizionismo musicale" che in molte zone d'Italia è già attivo.