E se il tuo capo ti chiedesse la password per accedere al tuo profilo di Facebook? Ci sarebbero cose che non vorresti fargli vedere? Messaggi privati compromettenti? Ad alcuni aspiranti impiegati del Dipartimento penitenziario del Maryland è successo.
“Cederesti la tua password di Facebook in cambio di un posto di lavoro?”
Viva la privacy! - Entri nel tuo profilo di Facebook, controlli i messaggi privati, riguardi le vecchie fotografie, gli eventi della tua Timeline. Tutto normale, non fosse che la persona che ti dovrebbe assumere è in piedi, alle tue spalle, a controllare tutto quello che stai leggendo. Non hai commesso nessun crimine, non hai infranto nessuna legge, e vieni trattato come un criminale. L'ACLU, un'organizzazione statunitense preposta alla difesa dei diritti civili e delle libertà individuali si è già scagliata contro questa pratica, che sembra prendere piede. Al punto che c'è chi non si limiterebbe all'account di Facebook, ma pretenderebbe pure l'accesso alla casella di posta. Incredibile, ma vero. Riportano la notizia il Guardian e altre testate giornalistiche che, rapidamente, hanno cercato di capire cosa stia succedendo.
E i termini di servizio? - I termini di servizio di Facebook vietano di condividere le proprie informazioni di registrazione con terze persone, e il loro accesso all'account. Vietano qualsiasi comportamento possa interferire con la sicurezza del proprio account. I redattori di PCMag hanno chiesto delucidazioni al social network di Mark Zuckerberg, ma la risposta si è fatta attendere. Alla fine uno dei portavoce, Frederic Wolens, in un commento apparso su MSNBC ha ammesso che sì, questa pratica sarebbe contraria ai termini del sito, ma non ha voluto sbilanciarsi sul caso specifico. Anche se, ha aggiunto, è pure vietato chiedere le informazioni di accesso.
Trova lavoro con Facebook! - Di recente, alcuni studi hanno proposto l'utilizzo dei profili di Facebook come predittori della performance lavorativa e del successo accademico. Attraverso un analisi dei profili si è visto che sarebbe possibili capire la personalità dei candidati allo stesso modo, se non meglio, che con i test psicologici utilizzati in questo ambito. Qualcuno, però, sembra avere preso questi studi un po' troppo sul serio. Un conto è cercare in rete informazioni sui futuri impiegati, entrando in possesso solo di ciò che è stato reso pubblico. Ma ciò che è privato? Dovrebbe restare privato. Dovrebbe. È tempo di dire addio alla nostra privacy? (sp)
Chiara Reali
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