Quando Aaron Barr, il capo del ramo di collaborazione governativa di una compagnia di sicurezza online chiamata HBGary, ha dichiarato di voler smascherare i capi di Anonymous, uno dei suoi coder ha esplicitamente esposto le proprie perplessità in un messaggio:
Ma Barr aveva una smisurata fede nella propria intuizione, ed è andato avanti. Era convinto che ci fosse una cricca di poche persone identificabili a capo del movimento e che fosse piuttosto facile scovarli. Però ha sopravvalutato le proprie idee, dato che assieme a questo gruppo convivono migliaia di altri di individui, forse molto meno dedicati alla causa ma non per questo poco talentuosi. Alcuni di essi sono molto intelligenti, ma non è servita una bravura speciale per fregare Barr. Il sito della HBGary è su un CMS customizzato con terribili falle e l’agenzia di sicurezza informatica non ha fatto i dovuti controlli. Poi Barr ed i suoi hanno fatto il classico errore di riutilizzare password in giro per tutto il network. Per finire, un dipendente finlandese dell’azienda è stato tanto cretino da fornire senza sospettare nulla vitali username e password ad un hacker che stava utilizzando l’email di Barr. La frittata era fatta: Barr ha probabilmente raccolto i dati che bramava, ma non l’hanno aiutato a fare carriera, solo a diventare famoso come una delle vittime eccellenti di Anonymous.