di Alessia Vicinanza
Se da un lato Twitter con la sua idea di microposting aveva insidiato inizialmente il mondo dei blogger e si era proposto come alternativa più quotata contro Facebook, oggi possiamo affermare con quasi assoluta certezza che se qualcosa non cambia, il social network dei 140 caratteri può definirsi sconfitto dagli altri, se non addirittura “assorbibile”.
"Twitter ha innumerevoli iscritti, ma solo una percentuale minima di utenti davvero coinvolti"
Caratteri incompatibili -
Solo una mandria di pecore? - Se si pensa alla percentuale elevatissima di utenti inattivi che tendono passivamente a leggere i contenuti degli altri, o a generarne di privi di interesse, si intuisce già una prima falla nel sistema: da uno studio di Duncan Watts del 2011, è emerso che circa la metà dei tweet arriva da 1 ogni 20.000 iscritti. In più, come sottolineato da Felix Salmon di Reuters, il numero di micro post è elevatissimo, tanto da essere equiparabile a un libro di 10 milioni di pagine, peccato che ci sia un abisso fra coloro che leggono e basta, e una sorta di élite di utenti che diventano i principali responsabili della maggior parte di tweet.
Il vero problema - La principale difficoltà di Twitter resta la possibilità di far monetizzare le aziende, di trarne vantaggio. È innegabile che le interazioni possano generare profitti, ma questo è solo grazie a miglioramenti apportati da terzi, grazie alla libertà di modificare gli API (Application Programming Interface), ossia delle interfacce a uso e consumo dei programmatori. Questa forse, è l’unica grande idea che ha parzialmente ovviato al problema. Peccato che siano gli sviluppatori coloro che ne traggono i vantaggi maggiori, e non le aziende. Tanto meno Twitter. Questo, sempre stando alle previsioni di Clarke, è un po’ il nocciolo della questione: o Twitter trova un modo per rendere gli utenti attivi e lucrativi, o verrà facilmente soppiantato e dimenticato. (sp)