Prima Instagram. Poi, a distanza di qualche mese, Facebook. E ora Whatsapp con i suoi status, molto simili alle storie: aggiornamenti video-fotografici che restano visibili solo per 24 ore e poi scompaiono dalla vista dei propri contatti.
Ma perché tutti i social network sembrano aver avuto la stessa idea e puntano tutti sullo stesso formato? C’è più di un motivo.
1. Conquistare i giovani
Instagram, Facebook e Whatsapp hanno copiato l'idea delle Storie da Snapchat, il social preferito dai molto giovani e dai nativi digitali, con 300 milioni di utenti attivi al mese, di cui la maggior parte sotto i 35 anni.
Le Storie di Snapchat si compongono di “snap”, che sta per foto ma anche per schiocco, e durano non più di 24 ore (mentre gli snap possono durare anche solo pochi secondi). In questo modo gli utenti possono postare foto e video di ogni tipo, senza timore che restino nella memoria dei loro contatti. Una forma di comunicazione liquida e veloce, che piace ai figli e… tiene (abbastanza) lontani i genitori.
2. La memoria
Solo Facebook accumula 500 terabyte di dati al giorno tra foto, video e testi. Il che fa pensare che a lungo andare i social potrebbero avere qualche problema di archiviazione: le Storie che svaniscono dopo un giorno (anche se sui server resistono un po’ di più per motivi legali) potrebbero aiutare anche a risparmiare memoria.
3. La voglia di novità e… la concorrenza
Facebook con 1,9 miliardi di utenti attivi al mese è il social network più frequentato, anche dai millennials. Ma per trattenere un’utenza così vasta e variegata, ha bisogno di continue novità.
A Whatsapp, che di utenti ne ha 1,2 miliardi, invece le Storie all'interno degli Status potrebbero servire per arginare la concorrenza di altri messenger innovativi, come Telegram.
Instagram Stories, che a febbraio 2017 ha raggiunto i 150 milioni di utenti attivi, è servito invece a Instagram per fare concorrenza diretta a Snapchat.
4. La privacy
Lasciare tracce della nostra vita sui social può creare non pochi problemi: hanno fatto notizia licenziamenti dopo uno status improvvido contro il capufficio o dopo la pubblicazione di una foto poco sobria. Le Storie, visibili solo da alcuni amici e destinate a svanire in 24 ore, sono sicuramente più amiche della privacy.
5. Ottimizzazione
A chi appartiene Instagram? E Whatsapp? La risposta è sempre la stessa: Facebook. Il re dei social lo è anche perché possiede i possibili concorrenti. Tutti tranne Snapchat che nel 2013 ha rifiutato un’offerta miliardaria di acquisizione da parte Facebook (a cui piaceva parecchio).
Copiarne le buone idee ha dunque tutta l’aria di una strategia industriale. Il primo social su cui sono state provate le Storie è stato Instagram, certamente non il più importante: se qualcosa fosse andato male, se il nuovo servizio non avesse funzionato, non si sarebbero corsi troppi rischi.
Una volta provato che la novità funziona, le Storie sono approdate anche su Facebook, la corazzata dell'impero di Mark Zuckerberg, senza rischi di sperimentazione.
6. La pubblicità
Last but not least, il formato delle Storie sembra fatto apposta per gli sponsor. Non a caso Instagram a gennaio 2017 ha annunciato l’arrivo della pubblicità: gli spot, in forma di foto o video appariranno automaticamente quando gli utenti passeranno da un post all’altro (le storie di Instagram si sfogliano così, una dopo l’altra). Prepariamoci a un'invasione di "brand Stories".