Un nuovo, preoccupante trend si sta manifestando oltreoceano: a quanto pare i giudici statunitensi tendono ad approvare sempre di più le richieste che riguardano la ricerca di materiale sui profili privati di Facebook, e questo riguarda anche le cause civili
La casistica è resa anche più minacciosa ai miei occhi dall’imprevedibilità delle motivazioni che spingono i magistrati a concedere questa possibilità. Da un articolo della Reuters si vede che la privacy degli imputati compromessa in situazioni molto differenti tra loro. Ad esempio, abbiamo un pilota di auto da corsa che ha fatto causa ad un particolare circuito a causa di un incidente, che gli avrebbe “sottratto la gioia di vivere”. Gli avvocati dell’azienda che gestisce la pista hanno replicato che il pilota mente, perchè sul suo profilo privato sono comparse foto di lui in spedizioni di pesca o alla Daytona 500.
Ancora più paradossale la situazione di una donna, in causa con un’azienda che produce sedie per essere stata ferita in una caduta rovinosa da una di esse. Secondo l’azienda, sulla pagina di Facebook della donna ci sono “faccine sorridenti” e immagini di lei felice davanti a casa, completamente incompatibili con la vita tragica e menomata che la donna dice di fare.
Chiaramente, è nell’interesse di un avvocato difensore usare qualsiasi strumento per sbugiardare l’accusa, ma mi chiedo se sia sensato insistere che i profili privati sono di fatto considerati tali dalla legge, quando stanno diventando incredibilmente facili da usare in tribunale contro chi li ha pubblicati. Onestamente, non riesco a capire la differenza da un’intercettazione telefonica, ma evidentemente gli Stati Uniti iniziano a pensarla in modo diverso.
Immagine CC di Alancleaver_2000