Sembra la trama di uno spy movie. Ricevi una richiesta di amicizia su Facebook, la accetti pensando di sapere da chi ti arriva, e le tue informazioni personali, invece, finiscono nelle mani del nemico. Di una spia. O di un gruppo di spie. Cinesi.
“Lo spionaggio corre sul social network per eccellenza: un nuovo pericolo?”
Intrigo internazionale - James Stavridis è il comandante supremo in Europa della NATO. Certo non ti salterebbe mai in testa che abbia il tempo per occuparsi della sua pagina di Facebook, inviando richieste d’amicizia a decine di persone, membri dei vertici militari britannici e del ministero della Difesa. Che invece non hanno sospettato di nulla, e hanno accettato. Consegnando a chi stava dietro al falso profilo creato a nome dell’ammiraglio informazioni personali quali indirizzi email e numeri di telefono, ma anche le fotografie dei famigliari e geolocalizzazione momento per momento. I militari diventati amici del finto Stavridis si sono così esposti al rischio di venire “profilati” e di diventare l’obiettivo di ricatti o ulteriori casi di spionaggio.
Missione: possibile - Non si tratta di hacking né di spionaggio, hanno specificato dalla NATO, ma di Social Engineering, ovvero dello studio del comportamento di una o più persone per carpire informazioni utili. Di solito fingendosi un’altra persona. Proprio quello che è accaduto nel caso in questione. Ma chi sta dietro al falso profilo di Stavridis? Silenzio stampa, sull’argomento, anche se sono trapelate voci che sostengono che gli ingegneri sociali all’opera sarebbero individui al soldo “dello stato cinese”. La Cina è vicina, anche su Facebook. I segreti militari sono ovviamente al sicuro, poiché non sono certo argomento di discussione sulle Timeline del popolare social network, ma l’imbarazzo è grande.
Mai dire mai – Il falso profilo è stato prontamente cancellato, ma solo a investigazioni avvenute. Non è il primo caso del genere, e gli attacchi provengono tutti da oriente, nel tentativo di carpire non solo segreti militari ma ogni aspetto della vita in occidente. C’è chi teme addirittura una cyber-guerra nel tentativo di attaccare e distruggere infrastrutture militari e civili utilizzando virus e altre armi di distruzione “elettronica” di massa, per quanto la maggior parte degli esperti ritenga questo scenario altamente improbabile. Ciononostante, il Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti d’America ha iniziato a monitorare i cyber-attacchi: sono una priorità perché, come ha affermato il direttore della sicurezza informatica, “la rete è un luogo pubblico. Proprio come quelli presi di mira dai terroristi”.
(sp)
Chiara Reali
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