Un navigatore satellitare che invece di mostrare le indicazioni su un display, fa… un leggero massaggio plantare, tra il piede e la suola della scarpa.
Vibra la scarpa destra, “gira a destra”.
Scarpa sinistra, “gira a sinistra”.
Vibrano tutte e due: “fermo, stai sbagliando strada”.
Pazzesco? No, perché queste scarpe, che esistono davvero, funzionano proprio così: si collegano al cellulare e diventano una interfaccia tattile sotto la pianta dei piedi. In modo sicuro e (a detta di chi l’ha provato) anche gradevole.
Per i non vendenti (ma non solo). Una innovazione dalle potenzialità enormi: oltre a una comunicazione invisibile (le persone potrebbero trasmettersi “vibrazioni plantari” a distanza, via Internet), le Smart Shoe potrebbero aprire nuove vie di comunicazione alle persone con disabilità, primi fra tutti i non vedenti.
Oggi, si usano speciali indicatori stradali in rilievo per segnalare percorsi pedonali e barriere architettoniche: calpestati, trasmettono l’informazione come un “braille stradale”. La scarpa intelligente potrebbe superare la necessità di questi sistemi: e “vibrare” sotto la pianta in prossimità dei binari della metro, di scale o di attraversamenti pedonali.
Le ha presentate l’italiana Vibram, storico marchio produttore della celeberrima suola “carrarmato” e delle curiose FiveFingers, in collaborazione con Lenovo. L'obbiettivo di questa curiosa partnership? Far diventare intelligente anche la scarpa. Per la precisione, la suola della scarpa. È lì infatti che si trova il cuore della tecnologia: connessione bluetooth con uno smartphone dove impostare il percorso, sensori e attuatori, quelli che trasmettono la vibrazione plantare.
Loghi e messaggi per fighetti. Non solo: nella tomaia, sul fianco, c’è uno schermo led cucito insieme, anzi proprio ricavato nel tessuto: anche questo si controlla dallo smartphone (per ora soltanto da cellulari Lenovo) e permette di visualizzare messaggi, loghi o indicazioni.
Nelle scarpe c’è anche una batteria. E come si ricarica? Con un sistema a induzione, semplicemente appoggiando le scarpe sulla propria base di ricarica (come accade per l'Apple Watch). Una scelta indispensabile, per garantire l’impermeabilità della suola: il “buco” dove infilare il connettore si sarebbe inevitabilmente riempito d’acqua e danneggiato.
Attualmente, la scarpa è un prototipo, ma potrebbe raggiungere la produzione industriale nel 2016.
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